Non profit

Lukachenko e Uribe, i nuovi della lista

Dissidenti internati, giornalisti spariti in Bielorussia. Ben 11mila morti in Colombia, dove la nuova legge rende impunibili i paramilitari. Di Irene Amodei

di Redazione

Se la seconda sessione del Consiglio dei diritti umani, chiusasi a Ginevra venerdì 6 ottobre, era un?occasione per misurare la credibilità e l?autonomia del nuovo organismo, e un test per valutarne la capacità di creare consenso e, dunque, l?incisività e la tenuta, il giudizio, al termine di tre settimane di discussioni, non può che essere, malauguratamente, deludente.

Su nessuna delle 44 proposte avanzate dalle varie delegazioni governative i 47 membri del Consiglio hanno infatti saputo trovare un accordo. Per ciascuna delle questioni sollevate, dunque, il voto viene rinviato alla prossima sessione, il 27 novembre.

Rimangono dunque sul tavolo tanto la procedura confidenziale 1503 – che, qualora approvata, permetterebbe anche ai singoli di denunciare al Consiglio le violazioni subite – quanto l?attesa introduzione dell?«esame periodico universale». Persino la dichiarazione finale del presidente messicano Luìs Alfonso Alba è stata respinta, colpevole di aver condannato, forse troppo esplicitamente, le violazioni dei diritti umani nei territori palestinesi occupati, nel Golan, in Libano e nel Darfur, e di aver rivendicato il diritto alla libertà religiosa e quello allo sviluppo.

A completare uno scenario internazionale già oltremodo inquietante ci hanno pensato la denuncia delle derive totalitarie del presidente bielorusso Lukachenko ad opera di Adrien Séverin (che nelle sue 25 pagine di relazione ha descritto dissidenti internati in ospedali psichiatrici, giornalisti spariti o uccisi, poliziotti brutali, torture e censure) e il bilancio dei primi quattro anni di governo di Alvaro Uribe in Colombia, stilato dall?Alto commissario per i diritti umani Louise Arbour (11mila persone assassinate o scomparse e una nuova legge che rende impunibili 40mila paramilitari).

Le ong presenti al Consiglio si sono viste ridurre a due minuti (in luogo dei precedenti cinque) il tempo a disposizione per intervenire, ma hanno comunque dato battaglia. Per vagliare l?esito di una simile combattività non rimane che aspettare novembre.

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