Mondo
Lula, i tuoi conti tornano. Ma ora ci vuole un atto di coraggio
Riflessione del segretario onfederale Cisl al ritorno dal Brasile. Di Giorgio Santini
di Redazione
Nel corso di un recente viaggio in Brasile ho avuto la possibilità di vivere dal di dentro il difficile momento politico che il Paese sta attraversando a causa delle accuse di corruzione per alcuni esponenti di rilievo del partito del presidente del Brasile, Lula.
La questione non è una banale, sia pur grave, crisi politica derivante da fatti di corruzione. In gioco c?è la sopravvivenza di una esperienza di governo, quella di Lula, che ha dato vita a grandi speranze per la costruzione di un Brasile socialmente più giusto, che sapesse sconfiggere miseria e povertà e sapesse imboccare la strada dello sviluppo. Si tratta di un continente di 180 milioni di abitanti, divisi in 26 Stati, uscito da neppure trent?anni dal governo militare, che ha al suo interno contraddizioni sociali fortissime, con la ricchezza, le proprietà terriere concentrate in pochissime mani e una sterminata popolazione povera, sempre più ammassata attorno alle grandi città. Non è un Paese povero il Brasile, è un Paese nel quale sono enormi le sperequazioni economiche e sociali.
La svolta di Cancun
Di fronte a questa realtà il governo Lula fin dall?inizio ha scelto di tentare la strada dello sviluppo, innanzitutto rafforzando una economia che ha in particolare nell?agricoltura una grossissima potenzialità. Per far questo, era obbligatorio rassicurare i partner economici e soprattutto le istituzioni internazionali sulla tenuta dell?economia e della finanza, mantenendo tutti gli impegni nei confronti dell?Fmi per la restituzione dei prestiti. Con intuito politico, Lula, parallelamente, si è posto come riferimento per l?aggregazione di grandi Paesi, nel mondo (India, Sud Africa, Cina) e nell?America Latina, ai fini di un maggior peso dei Paesi poveri nelle decisioni economiche e politiche. Il successo di questa linea è stato particolarmente evidente nel Wto di Cancun, dove per la prima volta i grandi Paesi del G8 hanno dovuto scendere a patti. Ma questa operazione avveduta nulla ha potuto di fronte al giusto sconcerto che è scoppiato alle prime notizie di corruzione che riguardavano ministri del suo governo. Il focus torna in Brasile e Lula è nell?occhio del ciclone. Per la corruzione ma non solo.
Per molti la corruzione è solo una manifestazione delle difficoltà di Lula di cambiare il vecchio modo di fare politica. Gli si rimprovera di aver attuato una politica economica liberista, subalterna all?Fmi, senza impegnare risorse per contrastare la povertà e sostenere lo sviluppo. Già un anno fa, Frei Betto, un domenicano ministro con delega ai problemi sociali, è uscito dal governo a causa di queste discussioni. Anche la Cut (la maggior centrale sindacale) che pur sostiene apertamente il presidente Lula, chiede un forte cambiamento nella politica economica e una maggiore attenzione allo sviluppo, alla distribuzione del reddito, alle riforme sociali.
La Conferenza episcopale del Brasile in un suo documento del 12 agosto arriva a dire che «occorre ricordare che oltre alla corruzione è necessario capire il grande male del Brasile, la sua enorme disuguaglianza sociale. Questa disuguaglianza è mantenuta e accentuata da una politica economica che aumenta la concentrazione delle rendite e delle ricchezze mediante meccanismi che privilegiano il capitale finanziario e mettono in secondo piano le politiche pubbliche». Una bordata molto dolorosa, considerando che proviene dai vescovi brasiliani che hanno sostenuto in maniera abbastanza esplicita Lula. Come stanno effettivamente le cose?
Per Lula la vera spina nel fianco è la vicenda della corruzione, dalla quale dovrà saper uscire non solo dichiarandosi estraneo, ma con atti chiari contro le parti malate del suo partito e con un rinnovato patto per la trasparenza nel governo del Paese. Non sarà facile ma è una via obbligata. Sulle vicende economiche Lula può ancora avere delle prospettive, perché certamente alcune sue scelte possono essere criticabili, ma i risultati sono buoni per il suo Paese. Il Pil è cresciuto del 5% nel 2004. Le esportazioni sono in forte crescita. Si sta generando un consistente avanzo primario nel bilancio che permette il pagamento ordinato dei debiti all?Fmi. La moneta, il Real, si sta rapidamente rivalutando rispetto a dollaro ed euro.
Lavoro e promozione sociale
Anche sul piano sociale il governo può vantare alcuni risultati significativi. Sono stati registrati in questi tre anni 3,2 milioni di nuovi posti di lavoro che, sommandosi a quelli della ?economia informale?, arrivano a circa 8 milioni, con una media mensile di creazione di posti di lavoro che è dodici volte maggiore di quella del governo precedente. Il progetto di contrasto alle fame ha portato i contributi delle Borse Famiglia a un milione di famiglie nei comuni brasiliani. Sono state stanziate ingenti risorse per l?agricoltura familiare, per aumentare la produzione, generare nuovo lavoro. In tre anni i salari reali sono cresciuti di qualche punto, mentre il salario minimo è aumentato del 50%. Gli investimenti sociali hanno fatto registrare un aumento del 14% sul Pil rispetto ai governi precedenti, con benefici sulla alfabetizzazione di oltre 5 milioni di giovani e adulti, con la riduzione del 14% della mortalità infantile, con primi miglioramenti nell?educazione di base, storicamente carente in Brasile. Ma il presidente Lula, che legittimamente aspira a governare per i prossimi quattro anni, non si può accontentare e dovrà subito fare qualche atto di coraggio.
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