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M.O. Risposta stizzita di Israele all’Onu

La risoluzione del Consiglio di Sicurezza che ha adottato la roadmap, fissata dal Quartetto (Usa, Ue, Russia e Onu) non e' affatto piaciuta al governo israeliano

di Redazione

La risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che ha adottato la roadmap, il tracciato di pace fissato dal Quartetto (Usa, Ue, Russia e Onu) per una soluzione negoziata del conflitto israelo-palestinese, non e’ affatto piaciuta al governo israeliano. Il malumore israeliano – accentuato dal fatto che la risoluzione e’ stata presentata dalla Russia, dopo che il premier Ariel Sharon nella sua recente visita a Mosca aveva pregato il governo russo di astenersi dal farlo, e che e’ stata votata anche dagli Stati Uniti – e’ apparso evidente nel secco comunicato governativo diffuso oggi a Gerusalemme. ”Il governo israeliano – si afferma – vuole chiarire che Israele ha accettato la road map ma con 14 riserve. Ed e’ questo l’unico piano politico che e’ disposto ad attuare”. ”Il piano di pace, denominato road map, che il governo ha accettato – prosegue il comunicato – puo’ essere realizzato solo con negoziati diretti e intese tra israeliani e palestinesi. Il giudizio in relazione all’attuazione del piano sara’ solo degli Stati Uniti e di nessun altro intervento esterno”. La roadmap fissa una serie di tappe per la soluzione del conflitto e pone una serie di obblighi ai palestinesi (fine del terrorismo) cosi’ come agli israeliani (congelamento assoluto dei piani di espansione e costruzione di insediamenti nei Territori). L’obiettivo e’ di arrivare alla costituzione di uno stato palestinese entro confini provvisori e due anni dopo entro confini permanenti negoziati con Israele nel contesto di un accordo di pace che ponga fine all’intero contenzioso. La secca presa di posizione israeliana, si spiega negli ambienti di governo a Gerusalemme, e’ motivata dall’intento, per non dire dal timore, di una mossa per internazionalizzare il conflitto tra israeliani e palestinesi – per esempio coinvolgendovi l’Onu – cosa che lo Stato ebraico vuole a tutti i costi evitare, ritenendo questo foro a lui pregiudizialmente ostile. Il premier Sharon, in un successivo intervento, e’ stato ancora piu’ chiaro: ”Noi – ha detto – siamo impegnati ad attuare la roadmap, cosi’ come e’ stata accettata dal governo, con le 14 riserve, e agli accordi che abbiamo con gli Stati Uniti”. Di queste 14 riserve nella risoluzione approvata dall’Onu non c’e’ evidentemente menzione mentre Israele le considera di grande importanza. Tra queste riserve: l’esclusione del diritto al ritorno in Israele dei profughi palestinesi, l’affermazione che Israele e’ uno stato ebraico, il riconoscimento che il passaggio da una fase all’altra della roadmap dipende dal completamento di quella precedente. Traspare dietro alcune di queste riserve il sospetto, presente in alcuni circoli, che piano piano si stia sviluppando una manovra internazionale volta a progressivamente minare la legittimita’ stessa di Israele come stato ebraico. Il voto americano a favore della risoluzione e’ inoltre un’amara pillola per il premier che alle domande della stampa, ha risposto negando che le relazioni di Israele con gli Stati Uniti siano entrate in un momento difficile e sostenendo che malgrado occasionali divergenze i rapporti tra i due stati sono solidissimi. Il vice premier e ministro dell’industria e commercio Ehud Olmert, in un’intervista alla radio statale, ha dato espressione al malumore del governo affermando che Israele non si ritiene impegnato alla risoluzione dell’Onu. In apparente risposta al discorso del presidente Usa George W. Bush, che ieri a Londra ha criticato la cosiddetta ‘barriera di separazione’ in costruzione in Cisgiordania, Olmert ha insistito che Israele si riservera’ sempre ”il diritto di compiere passi unilaterali (cosa ripetuta in seguito anche da Sharon) per separarsi dai palestinesi, tramite barriere o altri mezzi”.

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