Non profit

Ma il Manifesto di VITA non sia una scusa

di Redazione

Nel 1996 Asc – Arci Servizio Civile era fra coloro che sostennero il progetto di legge Prodi-Andreatta che prevedeva di far assumere al servizio civile la funzione di perno del servizio dei giovani alla Patria, obbligatorio per gli uomini e volontario per le donne.
Le decisioni delle istituzioni sono state diverse e oggi, mentre per le Forze Armate, unico comparto della spesa statale, si propone il mantenimento dei fondi (da spendere per armi invece che per il personale!), il servizio civile nazionale vive il suo punto più critico a causa soprattutto del taglio radicale di fondi attuato dal governo Berlusconi. Il Manifesto di Vita dà nei fatti perso il servizio civile nazionale perché ritiene che il governo Monti non ci metterà un euro in più di quelli rimasti.
Asc non dà per chiusa la partita, anzi ritiene che il servizio civile nazionale, proprio per le sue realizzazioni che Vita stessa ha sottolineato, sia uno degli asset per la crescita del Paese e per questo, assieme a tanti altri, continuiamo a chiedere al ministro Riccardi e al presidente Monti di rifinanziare il fondo nazionale. Ma Vita pone un tema di fondo quando chiede «l’istituzione di un servizio civile universale aperto a tutti i giovani che vivono nel nostro Paese». Asc ha sempre pensato al servizio civile nazionale come una proposta per tutti i giovani, su base volontaria e questo è il tema per la prossima legislatura. Ma la novità della proposta di Vita è il sistema di finanziamento con reminiscenze da Big Society di Cameron. Basta intendersi: da anni Asc sta investendo milioni di euro all’anno, certificati da soggetti esterni. Asc ha anche detto che, in un quadro di stabilità e programmazione, è disponibile a darsi da fare per trovare altri finanziatori e contribuire ulteriormente su quasi tutti i capitoli di spesa necessari. Tutti tranne uno, quello del compenso ai giovani, che deve restare in capo allo Stato, se parliamo di servizio civile regolato da una legge statale.
Infatti soluzioni diverse, se retribuite, sono normali contratti di lavoro fra organizzazione e cittadino oppure, se non sono previsti compensi, è il buon vecchio volontariato. In entrambi i casi ci sono importanti controindicazioni su cui riflettere. Nel primo caso rischierebbe di essere accessibile solo per il non profit ricco. E nelle amministrazioni pubbliche come evitare forme di dumping salariale? Nel secondo caso siamo sicuri che i valori del volontariato, del civismo siano esaltati da un’esperienza obbligata e gratuita? Anche Asc è preoccupato dell’ormai lungo silenzio del ministro Riccardi, viviamo arrabbiati per una storia bella decennale che rischia grosso, ma la proposta di Vita, almeno per come l’abbiamo letta, rischia di indebolire la pressione sull’attuale governo e senza un chiarimento su chi paga i giovani usa il termine servizio civile ma intende altro.