Mondo

Ma le ong ne sanno molto più di noi

Parla il comandante italiano della task force di Herat.

di Redazione

«Le organizzazioni non governative sono padrone del territorio. Sono qui da molto più tempo di noi. Abbiamo bisogno del loro know how». La richiesta arriva dal compound italiano di Herat, città dell?area occidentale dell?Afghanistan, per voce del colonnello Aldo Guaccio, da un mese comandante del Prt. Sigla nuova di zecca che sta per Provincial reconstruction team: circa 100 soldati che, affiancati da alcune decine di esperti del ministero degli Esteri, «hanno il mandato di gestire la ricostruzione e garantire la stabilizzazione in questa area del Paese». Per colmare la lacuna di una insufficiente conoscenza del territorio, il primo e sorprendente atto ufficiale di Guaccio è stato la convocazione di un meeting con le organizzazioni non governative presenti nella provincia.
Vita: Quante ong ha incontrato?
Aldo Guaccio: Quelle presenti in Herat, circa 70. Quasi tutte miste: metà personale locale, metà internazionale.
Vita: C?erano sigle italiane?
Guaccio: Qui c?è solo Alisei. Ma non sono venuti al meeting. Non so per quale motivo, noi li avevamo invitati.
Vita: Per un?organizzazione umanitaria lavorare con i militari potrebbe significare mettere a repentaglio la propria neutralità. Non crede?
Guaccio: Lo scorso settembre qui ad Herat la tensione era altissima. Non c?eravamo noi, c?erano gli americani. Diverse ong sono state oggetto di minacce e, in alcuni casi, di attacchi veri e propri. Sa dove hanno cercato rifugio? Qui dentro, nel compound da dove le parlo. Noi militari siamo una presenza rassicurante. Lo dimostrano i fatti.
Vita: Quali sono le emergenze umanitarie più urgenti?
Guaccio: Da inizio aprile abbiamo definito una serie di quick impact project (progetti di prima necessità) nel settore idrico. Inoltre costruiremo sei scuole.
Vita: Quanti fondi avete a disposizione?
Guaccio: Due milioni di euro fino a giugno. Per il secondo semestre, però, mi è stato assicurato un finanziamento molto più sostanzioso.
Vita: Come coinvolgerete le ong?
Guaccio: Lo schema è questo: il Prt assicura la logistica e la sicurezza. I raid umanitari sono affidati al Cimic. In settori strategici, penso all?agricoltura, per esempio, ci avvarremo della consulenza di alcune ong.
Vita: Ritiene il modello Afghanistan replicabile in altri contesti, in Iraq per esempio?
Guaccio: In qualunque contesto intorno alla spina dorsale dei militari si può agganciare tutto il resto: dalla ricostruzione allo sviluppo.

Umanitario in divisa
La cellula ?buona?

Il Cimic (Civil Military Cooperation) è la cellula che, nelle operazioni che l?esercito italiano svolge al di fuori del territorio nazionale, si occupa di favorire la ricostruzione del tessuto socio-economico nelle aree di crisi. I reparti del Cimic sono costituiti sia da militari che da civili, ma operano esclusivamente sotto il comando dei vertici militari incaricati della missione. Attualmente sono operative quattro task force in Bosnia, Afghanistan, Iraq e Kosovo.
In Afghanistan dal mese di aprile per la prima volta il Cimic opera all?interno del neonato organismo del Prt (Provincial Reconstruction Team).
Fino ad ora i rapporti fra le organizzazioni non governative e i cooperanti con le stellette sono stati pressoché inesistenti.

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