Non profit
Mafie, è ora di tentarel’impresa (sociale)
il tema del mese L'economia civile in prima linea nel contrasto alla criminalità
di Redazione
Sembra davvero iniziata una nuova era per la lotta alle mafie e all’illegalità diffusa. Lo scarto rispetto al passato non sta semplicemente nell’incremento degli arresti, ma piuttosto nel nuovo ruolo che sta giocando la classe imprenditoriale e finanziaria. L’out out di Confindustria sul pizzo, il pacchetto per il Sud presentato insieme ai sindacati e il protocollo anti usura appena firmato da Prefettura di Palermo e Abi lanciano un messaggio inequivocabile: ora la partita si gioca sul campo dell’economia, cioè proprio sul terreno più permeabile all’illegalità.
Convinzione che da tempo ha mosso la riorganizzazione interna della società civile culminata nella giornata di Locri e, soprattutto, nella grande mobilitazione attorno all'”alleanza per la Locride”. Una testimonianza dell’impegno proficuo nel campo della legalità che proprio nella Locride ha permesso la nascita di un sistema socio-economico “pulito” e che oggi acquista un significato diverso perché fondato su una collaborazione trasversale a tutto il mondo cooperativo.
«In tessuti economici deboli, sfiancati dalla criminalità organizzata», sottolinea Vincenzo Linarello, presidente del consorzio Goel, «la cooperazione risponde alle istanze di cambiamento, creando un clima di fiducia che si trasforma in vera e propria difesa della stessa azione cooperativa. Garantendo in questo modo la stabilità e la diffusione di un sistema di produzione più legale».
Ma al di là degli intenti e delle azioni legislative, oggi l’obiettivo immediato è quello di stringere le maglie della rete presente sul territorio per dare stabilità al sistema di attivazione locale che finora ha visto in Libera uno degli attori principali. Puntando sulla rete, l’associazione di don Luigi Ciotti ha promosso la costituzione di cinque consorzi di Comuni nelle province di Palermo, Napoli, Agrigento, Trapani e Caserta. Un’aggregazione di enti locali che ha facilitato l’assegnazione di oltre 700 ettari di terreni e un quarantina tra appartamenti, ville e locali: destinazioni che senza l’apporto della rete si sarebbero probabilmente bloccate a causa del profondo isolamento patito dalle amministrazioni in zone ad alto tasso mafioso.
Ma il vero problema è stabilizzare questo tipo di commercio in zone difficili da permeare. «Oggi la vendite dei prodotti di Libera terra sono concentrate per il 90% nel Nord del Paese dove la cooperazione ha più storia ed è più semplice creare canali distributivi e promuovere punti vendita disposti a commerciare questi prodotti», spiega Giampiero Calzolari, presidente di Cooperare con libera terra. «Al Sud per ovvi motivi ancora si incontrano seri problemi».
In più c’è da risolvere il nodo della tenuta imprenditoriale delle stesse cooperative che, anche per il complesso meccanismo dei bandi di assegnazione dei beni, riescono a inserire quote di soggetti a rischio ma scontano la mancanza di una vera struttura manageriale. «Per la maggior parte si tratta di organizzazioni neonate e quindi ancora in fase di patrimonializzazione», puntualizza Calzolari. «Ora il prossimo passo sarà quello di fornire strumenti manageriali che possano garantire una reale sostenibilità economica a queste realtà».
Un primo passo potrebbe essere ampliare il concetto di rete anche al profit, implementando le esperienze già avviate da Libera con alcune aziende agricole private. Eventualità che Vincenzo Linarello però accetta con riserve: «Sarebbe auspicabile e redditizia una collaborazione con imprese private e in qualche modo la stiamo già tentando», spiega, «ma il problema è che c’è bisogno di vere e proprie azioni imprenditoriali antimafia e non solo di proclami, come finora sento fare a Confindustria».
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