«Stavamo facendo esercizi alla lavagna sull’uso del punto, due punti e della virgola, quando ha fatto irruzione Zero, festoso e urlante, danzante nella sua tuta immensa, e la concentrazione è fischiata via come vapore da una valvola». Comincia così questa sorta di diario di Edoardo Albinati, insegnante nel carcere romano di Rebibbia, scritto tra maggio ’97 e maggio ’98. Ma il libro non è semplicemente un “taccuino” che annota storie ed esperienze vissute in un penitenziario. È molto di più, è «un libro sull’irrealtà» dice l’autore, dal quale emerge prepotentemente tutta la forza della vita qualunque, fatta di saggezza popolana, di partite di calcio, di reticenze e di confessioni, di riflessioni su testi letterari svolte con insospettabile profondità da ladri e assassini, da extracomunitari e da italiani.
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