Mondo
Mai più violenza sulle donne
Il 25 novembre è la Giornata internazionale. Tutte le iniziative in Italia
di Redazione

Oggi, 25 novembre, è la Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza sulle donne, decretata nel 1999 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che ha invitato in quell’occasione governi e ong a organizzare attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica su questo tema. Secondo l’Istat in Italia sono 6,7 milioni le donne italiane che nel corso della loro vita hanno subito una violenza fisica o sessuale, tre milioni sono state vittime di aggressioni da parte del partner o ex partner. Otto donne su dieci tra quelle che hanno subito abusi sono state aggredite entro le mura di casa. Un milione sono le donne stuprate. Una manifestazione nazionale è stata fissata per sabato 28 novembre a Roma, per info www.torniamoinpiazza.it
Tra le ong più attive contro la violenza sulle donne c’è sicuramente Amnesty International, che oggi dà un rinnovato impulso alla campagna Mai più violenza sulle donne, promuovendo nuove azioni per garantire a tutte le donne il diritto a vivere una vita dignitosa e libera dalla violenza.
L’azione di Amnesty International si concentra quest’anno sul legame tra poverta’ e violenza, per spezzare questo circolo vizioso in cui moltissime donne nel mondo sono costrette a vivere. Le donne e le ragazze che vivono in poverta’ spesso vedono violati i loro diritti umani, costrette a sposarsi in eta’ precoce, discriminate a causa di etnia, religione, stato civile o disabilita’, senza autonomia economica. Le loro vite sono segnate dalla violenza sessuale, dallo scarso accesso a un’istruzione adeguata e
dalla mancata protezione dai rischi collegati alla gravidanza e al parto. L’organizzazione per i diritti umani ha lanciato a livello mondiale tre appelli per chiedere la fine dell’impunita’ e della violenza sulle donne, in situazioni in cui il perpetrarsi degli abusi e’ alimentato dall’indigenza e dall’insicurezza.
Le donne del Darfur nei campi profughi in Ciad rischiano quotidianamente violenze e abusi sessuali, sia quando escono per andare alla ricerca di acqua, cibo e legna da ardere, sia all’interno dei campi. In Tagikistan, il fenomeno dell’abbandono prematuro del sistema educativo da parte delle bambine e delle ragazze e’ molto diffuso; il mancato accesso a un’istruzione adeguata le rende estremamente vulnerabili allo sfruttamento, ai matrimoni forzati, precoci e poligami e alle violenze domestiche. Le donne sopravvissute agli stupri e ad altre forme di violenza durante il conflitto degli anni Novanta in Bosnia ed Erzegovina attendono ancora giustizia e riparazione. Migliaia di donne sopravvissute allo stupro hanno perso i loro parenti; molte non sono in grado di trovare o mantenere un posto di lavoro a causa della loro fragilita’ psicologica e altre vivono senza una fonte fissa di reddito e in poverta’.
Oggi, 25 novembre, Amnesty International promuove varie iniziative in tutta Italia
Anche Coopi celebra la Giornata mondiale contro la violenza alle donne, sottolineando come nei paesi colpiti dalla guerra, come la Repubblica Democratica del Congo, il fenomeno dilaghi in maniera impressionante. Sul sito della ong il video di Andrea Ruffini e le foto di Livio Senigalliesi raccontano come la violenza alle donne sia un crimine contro l’umanità, ovunque.
Beatrice Costa, policy officer di ActionAid ricorda che «trent’anni fa l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvava la Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne, la Cedaw, considerata ancor oggi uno dei trattati internazionali più completi sui diritti delle donne. Ad oggi la Convenzione è stata ratificata da 186 Paesi, tra cui l’Italia,ma la battaglia per l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne è lontana dall’essere vinta».
«Alcuni passi fondamentali siano stati fatti in questi 30 anni dall’approvazione della Cedaw» continua Costa «ma molta strada è ancora da fare. Anche se al 2006 89 stati avevano istituito leggi che affrontano specificatamente la violenza domestica spesso queste non sono bastate a prevenire il fenomeno o a facilitare l’accesso alla giustizia e ai servizi sanitari e psico-sociali per le vittime».
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