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malati di leucemiae qualità di vita:binomio possibile?
Ricerca Al via dopo l'estate un nuovo studio di Ail
di Redazione
Di solito la domanda a cui ogni studio scientifico tenta di rispondere quando si parla di leucemia è se la cura in questione stia funzionando o meno. E quindi, quanto sia aumentata o diminuita la percentuale di sopravvivenza dei malati.
È da lì che si misura l’efficacia di un farmaco. Stavolta però l’Ail – Associazione italiana contro le leucemie, i linfomi e il mieloma, ha deciso di cambiare approccio. Dai pazienti malati di leucemia mieloide cronica, trattati con il farmaco Glivec, cercherà di raccogliere ben altre informazioni: come vivono, quanto le cure a cui sono costretti a sottoporsi rendono difficili le relazioni sociali, quali sono gli effetti collaterali contro cui combattono, che livello di benessere psico-fisico riescono a raggiungere. E ancora, come conciliano le cure con gli impegni di tutti i giorni, quanto le terapie rischiano di essere invalidanti. In una parola, che livello di qualità della vita hanno raggiunto e che aspettative di vita hanno.
Quello appena lanciato da Ail, e annunciato in occasione della Giornata nazionale delle leucemie dello scorso 21 giugno, è il primo studio mondiale sulla qualità della vita dei pazienti affetti da leucemia cronica: la prima raccolta dati – su un campione di pazienti di ben 25 centri ematologici in Italia – inizierà dopo l’estate. Per la primavera 2009, invece, dovrebbero vedersi i primi risultati. Verranno arruolati pazienti in terapia con Glivec da almeno tre anni, e a finanziare lo studio è la stessa azienda produttrice del farmaco, Novartis, che pure ha sostenuto il progetto. Obiettivo? Migliorare la qualità di vita dei pazienti e fornire ai medici strumenti efficaci per poterlo fare.
«Lo scopo di questo studio», spiega Fabio Efficace, a capo del Gimema, il Gruppo italiano malattie ematologiche dell’adulto incaricato di condurre l’indagine, «è aiutare i pazienti a vivere meglio, fornendo a chi li ha in cura tutte le informazioni utili per la gestione della terapia». «Cercheremo di capire», aggiunge Efficace, «quali sono i fattori che favoriscono l’aderenza dei pazienti alla terapia, gli aspetti che maggiormente inficiano la qualità di vita e come usare al meglio le nuove risorse di cui disponiamo».
Anche perché la priorità su cui gli scienziati sono chiamati a lavorare nel campo delle leucemie oggi, come ha ribadito lo stesso presidente dell’Ail, Franco Mandelli, «non è più assicurare ai pazienti la sopravvivenza, che ormai ha raggiunto l’88% e arriva anche a più di 10-15 anni», bensì quella di garantire loro «una convivenza dignitosa con la propria patologia».
A quest’obiettivo cerca di rispondere anche l’impegno sul fronte dell’assistenza domiciliare che Ail porta avanti da sempre come secondo pilastro, accanto a quello della ricerca, delle proprie attività. E che ora ha portato alla nascita di due nuovi progetti pilota, proprio per favorire la cura tra le mura domestiche. Uno a Roma, dove un’équipe di medici e infermieri del Sant’Eugenio e della Sapienza garantisce assistenza domiciliare a ben 120 malati e ad altri 5 in una casa dedicata, l’altro invece a Pescara, avviato in collaborazione con l’Asl, che ad oggi è arrivato a coinvolgere 75 pazienti, 9 medici, 2 infermieri con 2 vetture di soccorso.
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