Decreto Sicurezza

Mamme e figli in carcere: ora decide il giudice

Diventa facoltativo l'attuale obbligo di rinvio della pena per le donne in gravidanza e le mamme con figli sotto i tre anni, che andranno negli istituti a custodia attenuata per detenute madri. Alessio Scandurra (Antigone): «La norma è palesemente ad hoc per le donne rom, riguarda poche decine di persone l'anno». E aggiunge: «Gli Icam sono solo tre, tutti al Nord. Questo vuol dire, per tante donne con bambini piccoli, allontanarsi centinaia di chilometri dal resto delle famiglie»

di Ilaria Dioguardi

È stato approvato il decreto Sicurezza, 39 articoli che hanno recepito gran parte del ddl in materia risalente al 2023. Disco verde anche dal Senato, con 109 voti favorevoli, 69 contrari e un astenuto, al provvedimento, a sei giorni dalla deadline per la conversione in legge. Tra le misure previste, una riguarda le detenute incinte o mamme: diventa facoltativo (non è più obbligatorio) il rinvio della pena per le donne in gravidanza e per quelle con figli sotto i tre anni, che andranno negli Istituti a custodia attenuata per le detenute madri – Icam.

«La norma è palesemente ad hoc per le donne rom, stiamo parlando di un fenomeno che è molto poco quantitativo», dice Alessio Scandurra, coordinatore nazionale dell’Osservatorio sulle condizioni di detenzione di Antigone.

Scandurra, come commenta questa norma?

In un anno sono alcune decine le persone a cui si riferisce questa norma. Però si tratta di donne rom, i giornali danno un grande spazio alle notizie di cronaca che le riguardano, come se fosse un fenomeno di massa. Quindi, come spesso accade, il Governo interviene con lo strumento penale, particolarmente inadatto per affrontare tanti problemi e in particolar modo quelli legati alla genitorialità.

Cosa cambia?

La disciplina che avevamo prevedeva il rinvio obbligatorio dell’esecuzione della sentenza o della misura cautelare, in caso di donna incinta o madre di prole inferiore all’età di tre anni. Ora il giudice può ancora rinviare, ma può decidere anche di non rinviare e, quindi, di assecondare quello che è un orientamento abbastanza palese del legislatore.

Ci spieghi meglio.

Questa norma dà libertà al giudice ma gli dà anche un’indicazione, in qualche modo. Il legislatore risponde a una campagna di allarme sociale, togliendo l’obbligatorietà a favore della scelta facoltativa.

Le donne in gravidanza e le madri con figli sotto i tre anni andranno, come già prevede la legge, negli Icam, che attualmente in Italia sono tre, dopo la recente chiusura dell’istituto a Lauro.

Sì, in Italia gli Icam sono solo tre: a Milano San Vittore, Venezia Giudecca, Torino. Tutti al Nord, nel Sud Italia non ce ne sono più. Questo vuol dire per tante mamme con figli allontanarsi centinaia di chilometri dal resto delle famiglie. È molto improbabile che queste mamme non abbiano altri figli. Questa norma potrebbe essere anche un modo per spingerle a separarsi dai bambini, piuttosto che andare molto lontano dal resto della famiglia. Separare le madri dai figli è un fatto particolarmente grave, soprattutto perché in tante di queste vicende non si parla di detenzioni lunghe. Si parla di periodi anche brevi perché capita che, durante la detenzione, si trovi una comunità esterna in cui accogliere madre e bambino, si trovi una misura alternativa. Tenere insieme mamme e figli, durante questo passaggio dal carcere, ha il vantaggio di non interrompere il rapporto tra di loro. Nel momento in cui li separi, il bambino viene affidato a qualcun altro, poi quando la madre esce bisogna ricucire una relazione, e anche una situazione organizzativa amministrativa, che è stata interrotta. Questo è il motivo per cui abbiamo gli Icam e gli asili nido negli istituti.

Il senatore di Fratelli d’Italia Gianni Berrino, in aula al Senato, ha commentato questa norma del decreto Sicurezza: «Le donne che fanno figli per poter rubare, non sono degne di farlo». Poi ha continuato: «I giudici che, giustamente, avete detto che sono indipendenti reputeranno se un bambino forse sta più sicuro in carcere che a casa con i genitori che li concepiscono per andare a delinquere». Queste frasi hanno suscitato le contestazioni delle opposizioni, sono state interpretate come una sorta di attribuzione di colpevolezza intrinseca ai figli di persone che commettono reati, “condannate” al carcere. 

Il giudice ha la facoltà di valutare caso per caso, anche la mamma può decidere di tenere il figlio con sé, quando le condizioni materiali e logistiche e le distanze sono più favorevoli. Il senatore Berrino dice che «un bambino forse sta più sicuro in carcere che a casa…», dipende se a casa c’è qualcuno che può stare con lui e di chi si tratta. Se la donna ha una famiglia solida e affidabile generalmente non si porta il figlio in carcere.

Gli Icam sono solo tre: a Milano San Vittore, Venezia Giudecca, Torino. Tutti al Nord, nel Sud Italia non ce ne sono più. Questo vuol dire per tante mamme con figli allontanarsi molte centinaia di chilometri dal resto delle famiglie

Vanno entrambi in Icam quando le mamme non hanno nessuno a cui lasciarli, oppure non si fidano dei familiari a cui potrebbe affidarli, oppure la nonna ha già tanti altri bambini a cui badare. Per qualunque mamma non è una situazione ideale portarsi il figlio in carcere e la stragrande maggioranza dei bambini, infatti, restano fuori. Quando il bambino viene portato in Icam è perché è un problema lasciarlo fuori, intervenire in maniera netta su questo può fare molti più danni che vantaggi.

I 39 articoli del decreto Sicurezza introducono 14 nuovi reati e nove aggravanti di delitti già esistenti. Fra le norme penali volute dal Governo e contestate dalle opposizioni, il divieto di resistenza pacifica e di rivolta in carcere.

Questo è un altro pezzo molto problematico del decreto perché va a criminalizzare, in maniera molto pesante, cose che purtroppo in carcere succedono molto spesso e che sono generalmente gesti disperati. Le persone non si metteranno a fare i conti, prima mettere a soqquadro una sezione di un istituto di pena, per vedere quali sono le conseguenze sanzionatorie di un gesto, per poi decidere di non farlo. La norma non avrà nessun impatto sulla prevenzione di questo tipo di incidenti, ma può averlo sull’estensione della pena per tanti detenuti. Dall’inizio dell’anno ci sono state proteste e incidenti, che hanno coinvolto già un’ottantina di detenuti. Se si immagina che queste persone devono scontare, ad esempio, altri quattro anni di detenzione per le proteste, (anche pacifiche) e le rivolte, è una norma che rischia di far crescere la popolazione detenuta che già vive una situazione di grande sovraffollamento, di aumentare la tensione e la conflittualità dentro gli istituti.

Foto di apertura di Parker Coffman su Unsplash

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