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Marocco, una vignetta di Glez costa il carcere a un ragazzo di 18 anni

di Redazione

«È difficile pensare che nel XXI secolo un disegno possa condurre in carcere un ragazzo di 18 anni. Purtroppo in Marocco è andata così». Damien Glez è uno dei vignettisti africani più apprezzati del mondo. Sono ormai sei anni che ogni settimana Vita ha il privilegio di pubblicare le sue tavole, per dare la possibilità ai nostri lettori di seguire l’attualità internazionale in modo originale e ironico. Che l’humour del nostro vignettista non fosse apprezzato da tutti, in particolar modo dai poteri politici africani, è cosa facilmente intuibile. Molto meno comprensibile è invece la campagna persecutoria che le autorità marocchine hanno messo in moto contro chiunque osi diffondere una vignetta di Glez giudicata «blasfema» nei confronti del monarca Mohamed VI.
La vicenda risale al 24 gennaio con l’arresto di Walid Bahomane, un giovane studente marocchino accusato di aver postato sulla pagina Facebook una serie di disegni su Mohamed VI, tra cui una vignetta che ritrae il re del Marocco nel buco di una serratura. «Questo disegno era stato pubblicato nel 2009 su Le Monde in un articolo che trattava della sicurezza in Marocco dieci anni dopo l’ascesa al trono del monarca», ricorda Damien Glez. Sulla base dell’articolo 46 del Codice penale marocchino, che considera blasfema ogni provocazione diretta nei confronti del re, il 16 febbraio il tribunale di Rabat ha condannato Bahomane a un anno di carcere. Non bastasse, il regime marocchino ha deciso di sospendere la diffusione in Marocco di un’edizione di El Pais in cui era apparso il disegno di Glez. Il caso ha fatto il giro del mondo. Le associazioni marocchine per la difesa dei diritti civili hanno denunciato questo giro di vite, mentre alcuni internauti hanno deciso di creare un gruppo di sostegno su Facebook intitolato “Mohamed VI, la mia libertà è più sacra della tua!”. Per Glez, «l’arresto di Walid Bahomane è uno shock, e non sono nemmeno sicuro che vada a beneficio del monarca marocchino».