Mobilitazioni

Massa (Arci): «Difendere Francesca Albanese significa stare dalla parte dei diritti umani»

Già 120mila le firme per dare il Nobel per la pace a Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, dopo le sanzioni Usa. Arci è stata tra le prime a sostenere la candidatura: «Non è sola», dice il presidente dell'associazione Walter Massa. «Da mesi è sotto attacco, ma il suo lavoro di denuncia merita tutto il nostro rispetto». Intanto «il governo italiano fa finta di nulla e continua a screditarla»

di Anna Spena

Oltre 120mila firme per darle il Nobel per la pace. È questa la risposta di tanti cittadini e associazioni agli attacchi che da mesi subisce Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati, culminati con le sanzioni che il dipartimento di stato americano le ha imposto dopo la pubblicazione del rapporto “From economy of occupation to economy of genocide” dove ha indicato 45 aziende private che sosterrebbero direttamente o indirettamente l’esercito israeliano e l’occupazione dei territori palestinesi.

Gli appelli sono partiti da diverse piattaforme, tra cui Mettilafirma.it a Change.org. Le sanzioni Usa, ha dichiarato Albanese, sono «calcolate per indebolire la mia missione. Vogliono intimidire me, e chiunque cerchi di dire la verità sul genocidio in corso a Gaza, usando metodi che ricordano quelli adottati dalla mafia. Ma non ci riusciranno, perché io continuerò a fare il mio lavoro con la schiena dritta, chiedendo il coinvolgimento della Corte penale internazionale. Il premier israeliano Netanyahu deve essere giudicato all’Aia». E ancora: «Stare uniti contro gli abusi è fondamentale, e ancor più fondamentale fermare il genocidio. Insieme possiamo». Arci è stata tra le prime associazioni a sostenere la candidatura al premio Nobel per la pace di Albanese: «Non è sola», dice Walter Massa, presidente nazionale dell’associazione. «Difendere i diritti umani non è un crimine».

Arci è stata tra le primissime realtà a sostenere la candidatura di Francesca Albanese per il premio Nobel per la pace e ha invitato tutta la società civile italiana a fare lo stesso

Da mesi ormai si continua a denigrare il lavoro di Francesca Albanese e la sua stessa persona. Invece il suo lavoro di denuncia della violazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati, attività che non inizia con la guerra tra Israele e Hamas, ma va avanti da moltissimo tempo, merita grande rispetto. Francesca Albanese rappresenta un’istituzione. E quella di Arci è stata anche una reazione davanti al governo italiano che davanti agli attacchi a Francesca Albanese non solo ha fatto finta di nulla, ma ha anche provato a screditarla. Una reazione che è arrivata anche dopo la proposta di Netanyahu, che non sappiamo se sia provocatoria o reale, di candidare il presidente americano Donald Trump al per il Nobel per la pace. 

Quando il presidente dello stato più potente del mondo sanziona una singola persona che lavora per i diritti umani non si stanno attaccando tutti i diritti?

Oggi non vedo più nessuna differenza tra la Russia di Putin, le istituzioni americane o quelle israeliane. Tutti attaccano la giustizia internazionale. Le Nazioni Unite, in quanto tali, sono ostaggio del potere di veto delle grandi potenze come Russia e Usa. Siamo davanti a uno scenario che sta uscendo dalla normalità. I paesi più potenti del mondo hanno deciso che il nuovo equilibrio mondiale va ricercato solo attraverso l’accordo tra pochi. E per questo le stesse Nazioni Unite danno fastidio, così come le Corti internazionali. Perché sono le uniche realtà, che nel contesto drammatico in cui viviamo, si appellano al diritto internazionale e provano a farlo rispettare. 

In questi mesi le persone, la società civile, hanno convintamente riempito le piazze per dire basta al genocidio e chiedere un cessate il fuoco permanente. In Italia, per esempio, tutti gli appelli sono stati inascoltati e per il governo le piazze piene sono state invisibili. Ma di fatto questo silenzio lascia passare il messaggio che se bombardi un ospedale resti impunito. Quanto è pericolosa questa cosa?

Bombardare gli ospedali è una cosa fuori dal contesto del diritto internazionale. Ma i fatti delle ultime settimane dimostrano che è vero solo quando “vengono bombardati i tuoi”. Basti pensare al missile iraniano che ha colpito un ospedale in Israele. “Noi prendiamo di mira siti militari, siti nucleari, siti missilistici. Loro prendono di mira un ospedale”, ha dichiarato Netanyahu. Eppure nella Striscia di Gaza anche gli ospedali sono stati rasi al suolo dalle bombe israeliane. Ecco il paradosso. Non possiamo più andare avanti con l’arroganza di questi potenti del mondo che si sono messi d’accordo e cercano di ricostruire le regole del gioco sulla base dei loro interessi. E poi vorrei aggiungere un’altra cosa.

Cosa?

Nel nostro paese siamo davanti all’oscurantismo mediatico che non è solo dettato da un’informazione che non va più a raccontare quello che accade, ma racconta solo quello che conviene raccontare. I cittadini italiani da mesi si mobilitano per Gaza, a sostegno della causa palestinese, contro il riarmo del continente. E penso per esempio alla manifestazione del 7 giugno. Tutte queste manifestazioni mi fanno pensare che l’Italia ha ancora dei corpi che dicono no davanti allo scempio del diritto internazionale che – insieme all’umanità – viene calpestato. Ma non c’è da stupirci: l’Italia infatti continua a perdere posizioni sulla libertà di stampa.

C’è un’altra società civile, meno raccontata, che si cerca di far tacere, ma che in questi mesi è in prima linea in Israele e chiede la fine del genocidio e dello stato di apartheid, il cessate il fuoco, il ritorno degli ostaggi. Una società civile composta da arabi e israeliani convinti che l’unica strada possibile sia quella della pace tra i due popoli

È una narrazione diversa rispetto a quella a cui siamo abituati, e che qua trova poca voce. Persone e realtà che tutti i giorni manifestano per dire no al genocidio e che sono contrarie all’occupazione militare. Dobbiamo continuare a guardare questi segnali, a dargli spazio. Lo penso da sempre: non so perché l’unico governo al mondo che non può essere contestato sia quello israeliano insieme alla sua politica fascista che porta avanti un genocidio sotto gli occhi del mondo. È importante continuare a distinguere il governo israeliano da parte degli israeliani. Bisogna avere grande cura di quello che sta facendo lì la società civile lì e sostenerla laddove è possibile. 

Credit Foto: AP Photo/Darko Bandic/Associated Press/LaPresse

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