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Matvejevic, il pane ci riempie la vita

di Redazione

Frutto di venti anni di ricerche, Pane nostro (Garzanti, pp. 233, euro 18,60) di Predrag Matvejevic racconta degli uomini e di Dio, del sacro e del profano, della storia e dell’antropologia, della fame e della ricchezza, della guerra e della pace, della violenza e dell’amore. Nel pane quotidiano, scrive l’autore, ogni giorno rivive una saggezza spesso temprata nel dolore, ma mai priva di speranza.

Il pane non è figlio della solitudine, benché il destino lo riduca spesso a esserlo. Manzoni nei Promessi sposi racconta della rivolta di chi è affamato di pane. Già prima della rivoluzione, sulle pubbliche piazze si chiedeva «il pane dell’uguaglianza». I mugnai e i fornai venivano accusati di produrre fame. I santi proclamati protettori dei fornai si mostrarono evidentemente troppo deboli per proteggerli dalla furia della massa. Il paese dove siamo nati e dove siamo cresciuti ci ha donato il sapore del suo pane. Quando il destino ci spinge o ci esilia in un’altra terra, ce lo portiamo con noi, in noi. Chi perde questo sapore, perde una parte del proprio paese e di se stesso. Lo straniero che giunge in una città che non conosce, s’imbatte nel suo pane. Là dove la lingua ci è più affine, anche il pane sembra esserci meno estraneo. È difficile scoprire tutti i legami della lingua con il pane. Molte sono le domande che ci si pongono, i consigli che si sentono. «Chi di voi darà al suo figliolo una pietra se egli domanda del pane?» «Non è giusto togliere il pane ai bambini e gettarlo ai cagnolini». Sono le parole della Sacra Scrittura. Ognuno porta in sé la propria storia del pane, spesso come un segreto.

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