Social network

Meta spegnerà la voce del sociale e del Terzo settore?

Negli ultimi anni le organizzazioni italiane hanno fatto ampio affidamento sulle inserzioni di Facebook e Instagram per amplificare campagne, raccogliere fondi e mobilitare volontari, soprattutto durante emergenze o giornate tematiche. In Europa e nel mondo, campagne ambientali e di salute pubblica hanno dimostrato che la combinazione di messaggi mirati e sponsorizzazioni digitali può produrre cambiamenti concreti. Ma presto tutto questo non sarà più possibile

di Luca Iacovone

Dal 10 ottobre 2025 Meta bloccherà in tutta l’Unione Europea le inserzioni a pagamento su temi politici, elettorali e sociali. La decisione arriva perché l’azienda ritiene troppo complessi da applicare i nuovi obblighi di etichettatura, trasparenza delle spese e limiti al micro–targeting previsti dal Regolamento europeo sulla trasparenza e il targeting della pubblicità politica.

Da settimane il dibattito pubblico ruota quasi esclusivamente intorno all’impatto che questo ban avrà sulle campagne elettorali e sui messaggi politici. Ma il nuovo Regolamento europeo sulla trasparenza e il targeting della pubblicità politica estende le restrizioni anche ai cosiddetti social issues, ossia temi sensibili che possono influenzare il dibattito pubblico e le decisioni collettive. Nella definizione rientrano ambiente e cambiamento climatico, diritti civili e umani, immigrazione e integrazione, salute pubblica, politiche sociali, istruzione e giustizia: questioni centrali per il Terzo settore, su cui associazioni, cooperative, Ong e movimenti civici lavorano ogni giorno.

Nella categoria di social issues rientrano anche ambiente e cambiamento climatico, diritti civili e umani, immigrazione e integrazione, salute pubblica, politiche sociali, istruzione e giustizia

E Meta non è sola: anche Google ha annunciato restrizioni simili. Segnali di una stretta più ampia che rischia di lasciare senza amplificazione digitale molte delle voci che tengono viva l’attenzione su diritti, ambiente e inclusione.

Le campagne che non vedremo più

In Italia, l’uso delle inserzioni a pagamento su Facebook e Instagram è diventato, per molte organizzazioni del Terzo settore, uno strumento strategico per raggiungere pubblici lontani e diversificati.

Secondo una ricerca della Fondazione Sodalitas, condotta su oltre 200 organizzazioni, i social network sono oggi il canale principale per la visibilità e la sensibilizzazione, e la pubblicità a pagamento è utilizzata in maniera mirata per amplificare messaggi e campagne. Un’analisi di Rete del Dono conferma questa tendenza: Facebook e Instagram Ads vengono impiegati per promuovere raccolte fondi digitali, soprattutto in occasione di emergenze o giornate tematiche.

Anche la ricerca accademica fotografa l’impatto delle inserzioni sociali nel nostro Paese. Uno studio sul dibattito online sull’immigrazione in Italia, ad esempio, ha analizzato migliaia di annunci sponsorizzati, rilevando come il micro–targeting abbia permesso di raggiungere milioni di impression in poche settimane.

Uno studio sulle campagne climatiche nel Regno Unito ha mostrato come grandi ong come Greenpeace UK e Friends of the Earth abbiano utilizzato Meta Ads per mobilitare volontari, spingere petizioni e raccogliere fondi in momenti cruciali di mobilitazione nazionale.

E a livello globale non mancano casi emblematici. La campagna “Adotta una tigre” del Wwf ha combinato storytelling emotivo e targeting mirato, incrementando le adozioni simboliche e il sostegno ai progetti di conservazione. La New Zealand Aids Foundation, con la campagna di prevenzione Love Your Condom, ha raggiunto pubblici difficili da intercettare e contribuito a una riduzione del 12% dei nuovi casi di Hiv tra uomini che hanno rapporti con uomini.

Dal 10 ottobre 2025, tutte queste esperienze rientrerebbero nella definizione di social issues e potrebbero non essere più replicabili su Meta in Unione Europea.

Perché l’impatto andrà oltre la politica

Il blocco delle inserzioni a pagamento non significa che le organizzazioni non potranno più parlare di ambiente, diritti o salute pubblica sui social. I contenuti organici resteranno possibili. Ma l’esperienza degli ultimi anni mostra che, senza la possibilità di sponsorizzarli, la portata di questi messaggi si ridurrà drasticamente.

Il blocco delle inserzioni a pagamento non significa che le organizzazioni non potranno più parlare di ambiente, diritti o salute pubblica sui social. I contenuti organici resteranno possibili

Le piattaforme già oggi limitano la visibilità organica dei post, soprattutto quando trattano temi considerati “sensibili”. Le sponsorizzazioni permettono di uscire dalla cerchia dei follower, raggiungere pubblici lontani e diversificati, intercettare persone che non conoscono l’organizzazione o la causa. È questa capacità di “amplificazione selettiva” che verrà meno.

Per il Terzo settore, la perdita non è solo tecnica, ma strategica. Significa non poter più contare su uno strumento che consentiva di reagire rapidamente a un’emergenza, sostenere una mobilitazione, far crescere una campagna in un momento cruciale.

Come reagire

Il divieto di inserzioni a pagamento su temi sociali obbligherà molte organizzazioni a ripensare le proprie strategie di comunicazione digitale. Una prima risposta potrà arrivare dal rafforzamento delle proprie community, utilizzando gruppi online o spazi di partecipazione diretta dove l’algoritmo penalizza meno e il coinvolgimento resta alto.

Molte realtà stanno già riscoprendo il valore degli strumenti proprietari, come newsletter e siti web, che permettono di dialogare direttamente con la propria base senza filtri esterni. In altri casi la visibilità potrà crescere attraverso collaborazioni con influencer, community locali o media indipendenti, capaci di amplificare i messaggi a reti più ampie.

Un’altra strada, infine, è legare la comunicazione sociale a iniziative che rientrano nella promozione commerciale, come eventi o prodotti solidali, evitando così la classificazione come social issue.

La sfida sarà trasformare la perdita di uno strumento potente in un’occasione per sperimentare linguaggi e canali nuovi, senza rinunciare alla forza di mobilitazione che da sempre contraddistingue il Terzo settore.

Foto di Snowscat su Unsplash

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