Mondo

Milano, i testimonidi quell’alba tragica

Il caso Abdoul A tu per tu con amici e genitori del ragazzo ucciso

di Redazione

La fiamma luccicante di una Milano metropolitana, multietnica e interrazziale sembra spegnersi con le prime luci dell’alba di una domenica di settembre, improvvisamente non qualsiasi. Assegnare coccarde è uno sport nazionale, almeno quanto lo è il toglierle e così nell’arco di poche ore la capitale del Nord si ridimensiona a provincia. Piccola e nera. Piccola perché si scopre che tutto il mondo è paese, nera per almeno tre tragiche ragioni. Il colore del morto, il colore della cronaca, il colore politico sul quale, a ragione o torto, è abitudine scagliarsi.

Domenica a persiane chiuse
Il mondo politico ondeggia, ma non è una novità, e anche di fronte a un cadavere non si riesce a scappare dalla logica dell’orticello. Chi è al governo condanna, ma isola il fattaccio, chi sta all’opposizione sbandiera il problema sicurezza. Il razzismo è l’arma con cui si gioca la partita. Ma davvero abbiamo voglia di giocare? Due indizi paiono suggerire di no. Via Zuretti sembra un paese abbandonato del Far West. Le persiane sono tutte serrate, domenica 14 l’ottavo giorno della settimana. In pochi parlano, In pochi sanno.
Eppure non è certo in silenzio che è morto Abdoul Guiebre, per gli amici Abba, ucciso a sprangate. Si respira un’aria surreale, ma surreale è tutta la vicenda, iniziata, scherzo del destino, allo Shining bar, non certo un nome qualunque. Un inseguimento, lo scontro. Per dei dolci rubati, pare, a cui il susseguirsi di notizie e dichiarazioni fa montare il possibile furto di parte dell’incasso dello Shining. Per terra ci rimane un diciannovenne, di colore. Chi ha sentito «negro di merda», chi «italiano di merda».
Dall’alba al tramonto. Un giorno dopo. Ed è già sera, è già lunedì. Non siamo più a Milano ma a Cernusco sul Naviglio. Qui viveva Abdoul, qui il silenzio di via Zuretti lascia il posto al calore, al colore e alle voci di una fiaccolata. L’orgoglio di provincia sulla capitale del Nord, la parola sul silenzio. Ecco il secondo motivo, diametralmente opposto ma fondamentalmente uguale, per fotografare l’impasse politica e la poca voglia di giocare. I giornalisti accorsi in via Zuretti erano i soli pesci nell’acquario, qui sono pesci fuor d’acqua. Mal visti, come le istituzioni. «Non vogliamo show, vogliamo giustizia. Basta». Fascismo, malgoverno, razzismo, tutto si mescola. Difficile rimanere lucidi, e ancor più tirar somme.

I ragazzi delle case popolari
C’è molta diffidenza, ma soprattutto tanta voglia di non svendere un amico, a Cernusco. Non è paura di parlare, è l’umana gelosia dei sentimenti e la rabbia per le troppe frasi di circostanza a frenare chi, soprattutto i compagni più intimi, conoscevano Abba per averlo vissuto. Sono i “ragazzi delle case popolari”, così si chiamano tra loro, quelli che alla fine si aprono. Stanno tutti in via don Sturzo, scala D, E. Si conoscono da una vita, hanno condiviso ogni cosa sin dall’infanzia e le loro lacrime testimoniano più delle parole singhiozzate il valore della perdita.
Anche il razzismo entra nei discorsi di questi ragazzi, ma senza strumentalizzazioni, anzi. «Qui a Cernusco certo non mancava gente che si divertisse a parlar male dei neri, ma Abba alzava le spalle dicendo che era gente ignorante e stupida, e tirava dritto. Alla fine è triste dirlo, ma ci aveva fatto anche un po’ l’abitudine».

La dignità di quel padre
Le voci diventano meno nitide se si chiede dei due amici al fianco di Abba in quell’alba tragica. I “ragazzi delle case popolari” li conoscevano meno. Il fracasso interrompe le conversazioni, la fiaccolata si raduna in via don Sturzo. Il nome Abba viene scandito a più riprese, sempre con forza crescente. Le istituzioni politiche si muovono con discrezione, parlano piano, come a non voler disturbare. È una manifestazione spontanea e di piazza, si vede. Siamo tutti seduti in un anfiteatro costruito dinanzi all’abitazione di Guiebre, qui per l’ultimo saluto. Manca qualcuno perché Cernusco sia al completo. La madre di Abdoul non mangia da due giorni. Il padre, orgoglioso nel contegno del suo dolore, scende e si mostra. Poche parole, tutte di ringraziamento per il calore e la vicinanza offerti dal paese. Nemmeno una stilla d’odio per chi ha spento il suo affetto. Le fiaccole si stringono attorno a lui, bianche, nere, gialle.
Non v’è colore che non possa convivere accanto all’altro. Sono solo certe chiacchiere a stonare un po’. E sono ancora le chiacchiere di chi si ostina, con modi miopi e inopportuni, visto anche il momento, a voler vedere tutto bianco o nero, proprio nella serata in cui il messaggio inviterebbe al contrario. Tutto il mondo è paese, è proprio vero.

Si può usare la Carta docente per abbonarsi a VITA?

Certo che sì! Basta emettere un buono sulla piattaforma del ministero del valore dell’abbonamento che si intende acquistare (1 anno carta + digital a 80€ o 1 anno digital a 60€) e inviarci il codice del buono a abbonamenti@vita.it