Territori

Milano, una scommessa persa 

Davanti all'inchiesta che ha coinvolto la città meneghina, Gianni Biondillo, scrittore e architetto milanese, non ha dubbi: «Nessuna scoperta dell'acqua calda», dice, «quello che stava accadendo era sotto gli occhi di tutti. Abbiamo creduto alla grande illusione della città seduttiva e degli skyline. Ed ora è diventata una città escludente, che allontana gli strati popolari, che diventa difficile, cara, costosa, anche per la piccola borghesia»

di Anna Spena

«Le famose rigenerazioni urbane di Milano sono solo greenwashing. È un termine per chiamare la speculazione edilizia in un altro modo. Quello che è accaduto è che il capitalismo internazionale ha puntato il suo denaro su Milano. Le amministrazioni comunali hanno accettato lo stato di minorità davanti al potere economico pur di riuscire a ottenere i soldi per garantire i servizi e far muovere la grande macchina urbana». La città, continua lo scrittore, «in questo modo ha subito più che governato il cambiamento. Si è trasformata in una metropoli che vuole sedurre i nuovi ricchi e rendere sempre più agevole la vita di chi sta economicamente bene. Il problema, però, è che manca l’attenzione su tutto il resto», commentava così Gianni Biondillo, scrittore e architetto milanese, che sotto la Madonnina ha ambientato gran parte dei suoi libri, lo stato in cui versava la città nel numero di VITA di settembre 2024 “Milano double-face”, che potete scaricare qui.

A leggerla oggi sembra profetica la sua osservazione. La scorsa settimana, infatti, la Procura di Milano ha inferto un duro colpo al sistema urbanistico della città, con una maxi-inchiesta denominata “Piattaforma” che mette sotto lente un presunto sistema di abusi edilizi. 74 gli indagati, tra cui spiccano nomi di peso dell’amministrazione comunale, come l’assessore alla rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi che ha rassegnato le sue dimissioni e il sindaco Giuseppe Sala, imprenditori immobiliari e professionisti del settore.

«Sembra», dice Biondillo, «che in questi giorni che i media abbiano scoperto l’acqua calda. Invece quello che stava accadendo era sotto gli occhi di tutti». Questa attenzione ossessiva, stile “gogna mediatica”, non «aiuta a fare nessun esame profondo. Ora dobbiamo decidere che città vogliamo. Abbiamo creduto alla grande illusione della città seduttiva e degli skyline. Abbiamo creduto che potesse giocarsela con le grandi capitali europee. Invece, è diventata una città escludente, che allontana gli strati popolari, che diventa difficile, cara, costosa, anche per la piccola borghesia». Che sia una città affascinante non c’è dubbio. «Ma chi ci ha perso? O meglio qual è stata la restituzione ai cittadini di tutto questo grande sforzo collettivo? Sostanzialmente, noi abbiamo estratto denaro e ricchezza da spazi e luoghi pubblici per darli in mano ai privati. E poi è successo questo: che un privato può costruire un edificio di otto piani come se fosse una semplice ristrutturazione pagando meno oneri di urbanizzazione. Ma quegli oneri di urbanizzazione sono soldi che dovrebbero andare nelle casse del Comune e che servono per costruire infrastrutture, asili nido, piscine ed altri servizi a beneficio dei cittadini».

Quello che davanti ai fatti di oggi secondo Biondillo dovremmo chiederci è questo: «Abbiamo piscine migliori? Abbiamo ospedali migliori? Abbiamo asili migliori? Abbiamo piazze più belle? Abbiamo più verde in città? Allora, se tutto questo è accaduto, quella a cui abbiamo assistito è stata una scommessa vincente. Ma nulla di tutto ciò è successo. Milano ha attratto molti capitali internazionali. Ma queste risorse restano nelle mani di pochi. Cioè, la città non ci ha guadagnato nulla, se non lustrini. Ci stiamo globalizzando nel peggiore dei modi. Pensiamo a che cos’è San Francisco oggi: una città dove ci sono i più grandi ricchi del mondo e insieme c’è un paesaggio antropologico di uomini distrutti dalla droga. Insomma i ricchissimi sono sempre più ricchi, mentre gli altri sono disperati. Non so, è questo quello che stiamo diventando? È questo quello che vogliamo diventare?». Per ritrovare l’anima persa della città dobbiamo «tornare al secondo dopoguerra. Milano è stato un esempio studiato in tutto il mondo. O ancora dobbiamo riportare lo sguardo sui quartieri in difficoltà, alle case popolari. La città deve smetterla di mettersi in ginocchio al capitale globale nella speranza di raccogliere le briciole dalla grande torta che viene spartita. Deve essere meno arrogante e non paragonarsi a città come Londra o Francoforte perché lì i costi sono alti, ma gli stipendi pure».

Credit foto Claudio Furlan/Lapresse

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