Famiglia

Mirsada cammina su un filo d’oro

Siamo andati a trovare la bambina sordocieca tre mesi dopo il rimpatrio forzato dei suoi connazionali. Grazie all’aiuto di alcuni giornalisti e dei responsabili della Lega del Filo d’Oro, Mirsada sta

di Sergio Sparapani

Mirsada sgrana i suoi occhi azzurri e indica con orgoglio le nuove scarpette ortopediche. Con queste salta da una parte all?altra della stanza per poi fermarsi davanti al televisore dove sta appiccicata. A Osimo la giornalista Barbara Palombelli e Renzo Arbore, il popolare showman, che avevano lanciato il primo appello, hanno trovato una famiglia finalmente serena e una bambina vivace e piena di gioia di vivere. A settembre Mirsada andrà a scuola e nel frattempo, burocrazia permettendo, si dovrebbe risolvere il problema del lavoro per il padre Halit, condizione necessaria ad ottenere il permesso di soggiorno e quindi restare accanto a Mirsada assieme alla moglie e all?altra figlia, Jesmina. «Speriamo di poter restare in Italia», dice Halit. «Speriamo di restare qui» Sulla collina, in un assolato pomeriggio di metà febbraio, è il segretario della Lega del filo d?oro, Rossano Bartoli, a fare gli onori di casa. Racconta per la millesima volta il miracolo dell?associazione, le difficoltà economiche che in varie fasi hanno minacciato l?esistenza stessa della Lega, e la ?maledetta burocrazia? che affligge i progetti dell?associazione ormai trasformata in centro all?avanguardia per la cura e lo studio delle malattie che colpiscono le persone pluriminorate psicosensoriali sordocieche. A fianco dell?amministrazione, nelle moderne casette che ospitano la foresteria si è sistemata la famiglia Rexha. Tra i due genitori e l?inseparabile sorellina appare e scompare la testolina bionda di Mirsada. Parla solo albanese e il padre, già pratico dei rapporti con i media dopo le sue innumerevoli vicissitudini, non si fa pregare a raccontare la storia recente della sua famiglia, le sue speranza e i suoi sogni. «Speriamo di restare qui», continua a ripetere Halit, 33 anni il 13 febbraio, stesso giorno, mese ed anno della moglie, «io mi sono appena operato all?ernia e per ora i medici hanno detto che devo riposare, ma poi mi cercherò un lavoro. In Albania facevo l?autista di auto private. Facevo la spola tra l?Albania, tra Scutari, da dove veniamo, e il Montenegro. Ma là non possiamo tornare perché mancano le protesi, le scarpe, il lavoro. Manca tutto». Dall?inferno al paradiso Dall?inferno di Scutari, che si trova a nord, nella parte più povera del Paese delle aquile, Halit era approdato in Italia dopo 14 ore di navigazione in gommone attraverso l?Adriatico. In Italia la bambina è stata visitata in vari centri, a Bari, Roma e Bologna, ma nessuno di questi è in grado di lavorare sul recupero degli handicap della bambina. Da qui, dopo varie peripezie, l?approdo a Santo Stefano, dove Mirsada ha a disposizione uno staff di operatrici che hanno messo a punto un programma di recupero ad hoc, solo per lei. Le stesse operatrici, dalla psicologa Marilisa Orlandoni all?assistente sociale Beatrice Ramazzotti, responsabile delle pratiche burocratiche per la famiglia, raccontano le difficoltà di assistere e riabilitare una bambina anche dal punto di vista sociale e culturale. Si tratta, infatti, di insegnare a Mirsada le più elementari regole sociali prima di iniziarla ai segreti della lingua italiana. Cose che i bambini italiani apprendono già dai primi anni alla scuola della vita. Sì perché ?l?angelo degli albanesi?, come è stata battezzata, sconta un vero e proprio gap culturale rispetto ai suoi coetanei. «Da questo punto di vista ha sette anni ma ne dimostra quattro», dice Marilisa Orlandoni, «eppure progredisce ad un ritmo velocissimo. Il suo problema è la carenza di scolarizzazione: Mirsada viene da una società con pochi stimoli, una società chiusa nei confronti di quelli come lei, e ora sta bruciando le tappe del processo conoscitivo». Già, la sua è una scoperta continua delle cose che la circondano, guarda tutto e tocca tutto quello che le capita tra le mani. Si chiama ipercinesia, che vuol dire iperattività: è una frenesia, la sua, che porta a scoprire ed esaminare anche le cose più semplici. Per esempio quella coperta rossa che ora gira e rigira tra le mani. A settembre l?impatto con la scuola. «Sta molto meglio, gioca, corre, e grazie alle nuove scarpe cammina anche meglio», dicono le operatrici. E quando Mirsada andrà a scuola, sarà affidata a una insegnante di sostegno. Prima di settembre, comunque, si pensa di mandarla qualche mese in una scuola materna. La piccola albanese nata prematura e parzialmente sordocieca Mirsada è protagonista di una vicenda che ha mobilitato i media e il ministero degli Esteri. Dopo la trasmissione Moby Dick di Michele Santoro e l?interessamento del ministro degli Esteri Lamberto Dini. Dall?inferno albanese alle colline marchigiane. La sua è una storia a lieto fine. La felicità si legge negli occhi della bambina e in quella dei genitori, della madre Vjolica e del padre Halit Rexha che si è battuto fino all?ultimo per salvare Mirsada strappandola alle antidiluviane strutture ospedaliere albanesi per finire prima in un guscio di noce in Adriatico e poi in un campo profughi in Puglia. Ora Halit sorride tranquillo, ma a Cassano delle Murge è stato uno dei protagonisti della rivolta dei profughi. Una resistenza inutile perché polizia e carabinieri riuscirono infine a rispedire tutti i clandestini in Albania, compresa la famiglia Rexha. In quell?occasione la foto e le immagini televisive della disperazione di Halit, con in braccio la bambina dai capelli d?oro fecero il giro dei media italiani. Dalla disperazione alla felicità è passato meno di un mese. Halit e la sua famiglia ora toccano il cielo con un dito dall?alto della collina di Santo Stefano, la verde frazione di Osimo che ospita le strutture e il centro diagnostico della Lega del filo d?Oro. L?Albania della miseria e della guerra civile è solo un incubo lontano, e dall?Italia non se ne andranno facilmente. Renzo Arbore è venuto ad Osimo per trovare Mirsada. Con lui c?era la giornalista Barbara Palombelli, che sul quotidiano La Repubblica aveva sollecitato l?intervento del ministero degli Esteri (che poi ha inviato un aereo dell?Aeronautica militare a Tirana per prelevare l?intera famiglia). Così già da un mese la prestigiosa associazione non profit dedicata all?assistenza dei non vedenti privi di udito è impegnata nel programma di riabilitazione, un processo problematico perché la bambina parla solo albanese, e anche la pronuncia non è ben scandita, forse per colpa del deficit. Sì, la piccola ce la farà Proprio la settimana scorsa ha ricevuto anche le lenti a contatto. Non sono ancora quelle finali, per ora si procede per gradi: c?è tempo per una correzione esatta della vista. Bisognerà, inoltre, tarare perfettamente anche la protesi acustica alle sue esigenze: Mirsada i suoni li sente, ma in maniera attutita. Quanto ai piedi, la bambina ha un?andatura scorretta, la gamba sinistra è più corta di cinque centimetri per una malformazione ma non c?è spasticità. Il programma della fisioterapia per la deambulazione è già partito e quando Mirsada compirà dodici anni potrebbe essere operata ma, afferma la dottoressa Patrizia Ceccarani, «la cosa non è scontata, potrebbe non essere necessaria». Il vero problema in questo momento è il versante sensoriale, ma le abilità e le potenzialità ci sono tutte. Forse non distinguerà perfettamente tutti i suoni né vedrà distintamente tutti i colori ma il futuro è ora assai più roseo per la famiglia Rexha. Mirsada, assicurano gli specialisti della Lega del filo d?Oro, ce la farà.

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