Welfare
Morti bianche, aumenta il numero degli stranieri coinvolti
Gli Ultimi dati Inail denunciano che sono stati oltre 84 mila gli extracomunitari coinvolti in incidenti sul lavoro nel 2007. Contro i 521 mila che hanno interessato cittadini italiani
di Redazione
Che fossero i più a rischio a causa della situazione di diffusa illegalità nei cantieri italiani, era chiaro già da un po’. Almeno da quando le pagine dei giornali parlano di morti bianche, sempre più «nere» o «asiatiche» per l’origine dei soggetti coinvolti. Ma ora l’Inail snocciola i dati, ad un seminario sul lavoro immigrato (organizzato dalle Acli) che si è svolto ieri a Roma. Se nel 2006 le denunce erano aumentate e gli infortuni mortali leggermente diminuiti, i dati relativi al primo semestre del 2007 sembrano prospettare un aumento di entrambi.
Alla data di oggi, gli infortuni denunciati dall’inizio dell’anno sono stati 84.215 gli extracomunitari coinvolti in infortuni sul lavoro, contro i 521.523 degli italiani; in tutto il 2006, erano stati denunciati 121.349 incidenti accaduti a cittadini extraUe contro 820.784 a italiani. I casi mortali quest’anno sono stati 72 (nel 2006 erano stati 141).
Giovanni Guerisoli, presidente Civ Inail, ha spiegato che nel 2006 gli infortuni denunciati hanno riguardato 116.305 lavoratori extracomunitari contro 798.720 lavoratori italiani; di questi incidenti, 141 sono stati mortali per quanto riguarda gli immigrati contro 1.140 che hanno riguardato cittadini italiani. Il dato sugli stranieri è risultato nel 2006 più alto del 3,7% rispetto al 2005 per quanto riguarda gli infortuni e in lieve riduzione per ciò che concerne le morti (141 contro 150).
La regione dove nel 2007 sono state denunciate più assunzioni di extracomunitari è la Lombardia (121.636), quella dove ne sono state denunciate meno la Valle d’Aosta (1.360). Tutti questi dati, avverte l’Inail, non sempre coincidono con il numero di lavoratori, perché uno stesso lavoratore può essere assunto più volte.
Secondo le Acli gli immigrati sono vittime due volte della mancanza di sicurezza sul lavoro: non solo perché si infortunano il 50% in più degli altri lavoratori, ma anche perché spesso non possono denunciare l’incidente, pena la perdita del posto di lavoro se non la stessa permanenza in Italia.
«Quello svolto spesso dagli immigrati – ha detto il presidente delle Acli, Andrea Olivero – è un lavoro ‘non-sicuro’ per eccellenza. Non solo per le condizioni precarie o del tutto irregolari in cui si svolge, ma anche per le conseguenze che questo significa sul piano della prevenzione degli infortuni e delle garanzie in caso di incidenti”. “Non é tollerabile – ha sottolineato Olivero – rischiare allo stesso tempo la salute o la vita, il posto di lavoro, il permesso di soggiorno e quindi la permanenza nel nostro Paese».
Vuoi accedere all'archivio di VITA?
Con un abbonamento annuale potrai sfogliare più di 50 numeri del nostro magazine, da gennaio 2020 ad oggi: ogni numero una storia sempre attuale. Oltre a tutti i contenuti extra come le newsletter tematiche, i podcast, le infografiche e gli approfondimenti.