L’Arcivescovo di Port-au-Prince, monsignor Joseph Serge-Miot, è morto nel violento terremoto che ha devastato questo martedì la capitale di Haiti. Il suo corpo è stato rinvenuto tra le macerie dell’Arcivescovado, secondo quanto hanno confermato a Roma fonti missionarie. Lo riiferisce l’agenzia Zenit
Monsignor Serge-Miot, 63 anni, era Arcivescovo da due ed era stato coadiutore dell’Arcidiocesi per più di dieci. «Siamo a terra», ha spiegato in un messaggio di posta elettronica padre Andre Siohan, dei missionari di San Giacomo, all’agenzia MISNA.
«Sono stato in centro città stamani per visitare le comunità religiose amiche: la zona è totalmente devastata e ci sono migliaia di vittime. E’ terribile. Tutti noi stiamo bene, ma siamo senza notizie di alcuni nostri seminaristi. Qualcuno è ferito, forse qualcuno è morto. Pregate per noi», scrive ancora il missionario, che riesce a comunicare soltanto grazie a un sistema satellitare.
Per telefono, ha continuato il racconto a MISNA un confratello di Siohan, padre Pierre Le Beller, tornato in Francia dopo circa trent’anni di lavoro a Haiti.
«Sotto le tende allestite nel giardino della nostra casa danneggiata dal terremoto si trovano in questo momento i nostri confratelli, alcuni seminaristi, amici e vicini del quartiere di Pacot. Temiamo un numero altissimo di feriti: la vera emergenza sarà quella di curarli», ha detto Le Beller, sottolineando che già in tempi normali i servizi ospedalieri sono carenti. Haiti è il Paese più povero della zona caraibica.
«I racconti sono raccapriccianti, si sentono le urla e i pianti di gente ferita, ci chiediamo quanti sono intrappolati sotto le macerie. Ci dicono che la cattedrale è crollata, così come il Palazzo nazionale e quello dell’ONU, un edificio a cinque piani, sulla strada che porta verso il quartiere residenziale di Petionville».
Per padre Le Beller, riferisce l’agenzia Zenit, è molto difficile andare avanti nel riferire le notizie, soprattutto quelle della distruzione del Centro Caritas nel quartiere centrale di Saint Antoine, una struttura di aiuto, accoglienza e reinserimento dei ragazzi di strada che lui stesso aveva creato e al quale aveva dedicato anima e corpo. Per fortuna, per ora, sembra che tutti i giovani del centro siano vivi.
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