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Nata in Italia 29 anni fa…ma non sono italiana

cittadinanza La storia paradossale di Sumaya Abdel Qader

di Redazione

È nata in Italia 29 anni fa. Si è laureata in Italia. Ha avuto due figlie, ovviamente in Italia. Ma lei non può dirsi italiana. È la storia paradossale di Sumaya Abdel Qader, firma e volto ben noti alla community di Yalla Italia: è stata infatti tra le iniziatrici del progetto e tra le firme è una delle più costanti. Sumaya, per le bizzarrie di una burocrazia zelante solo nell’alzare barriere e per una legge sulla cittadinanza non degna di un Paese, né moderno né civile, non è italiana.
Yalla: Ti senti italiana o giordano-palestinese e perché? Come mai fino ad ora non sei cittadina italiana visto che sei nata in Italia?
Sumaya Abdel Qader: Sono figlia di palestinesi emigrati o meglio fuggiti dalla Palestina per il Kuwait e che successivamente sono fuggiti anche dal Kuwait per la Giordania. Ho un passaporto giordano, che in alto a sinistra indica la lettera “P”, cioè palestinese. Ma sono nata e cresciuta in Italia. La mia prima casa è stata in centro a Perugia. Le scuole, l’università, gli amici, l’amore… tutto in Italia ed tutti italianissimi. Mi sento un’italiana che nutre profondo amore per tanti altri Paesi: la Palestina, il Kuwait e la Giordania. E anche la Siria, Paese d’origine di mio marito. Però, nonostante tutto questo, non ho un passaporto rosso (italiano). In Italia è previsto che si possa ottenere la cittadinanza al compimento del 18° anno di età. Così quel giorno preciso mi sono recata in Comune a fare richiesta per ottenere la naturalizzazione.
Yalla: E cosa è accaduto?
Sumaya: Dopo la richiesta vengo convocata in Comune per fare un giuramento. Faccio il giuramento, come da procedura. Qualche mese dopo ricevo la chiamata che mi informa che il procedimento è stato annullato. Perché? Perché un’attenta dipendente del Comune si è accorta che la mia residenza (in 18 anni) ha avuto un’interruzione di tre mesi. Allora? Allora la gentile dipendente ha inviato una lettera al ministero chiedendo come procedere. Il ministero puntualmente ha risposto che secondo la legge del tempo (1997) per ottenere la cittadinanza per diritto di nascita era necessario avere 18 anni ininterrotti di residenza. Quindi… niente da fare. Un atto burocratico ha praticamente cancellato i 18 anni di accumulo previsti dalla legge necessari per avere la cittadinanza.
Yalla: Cosa si può provare ad andare in giro ed essere fermata dalla polizia e beccarsi la notifica di espatrio quando si è italiani e non si hanno altri posti dove andare? Questa situazione di non certezza influisce sul tuo comportamento all’interno della società civile, sul tuo stato d’animo? Puoi avere un lavoro regolare, accedere ai servizi sanitari, ottenere un mutuo?
Sumaya: I miei primi disagi sono iniziati alle superiori. Quante gite all’estero saltate! Perché io avevo bisogno di visti che non mi venivano rilasciati in tempi brevi. Poi quando ho dovuto iniziare a rinnovare il permesso indipendentemente da mio padre, alla maggiore età. Il nuovo motivo era: permesso da studente. Nel frattempo mio padre, mia madre e due miei fratelli (minorenni) hanno ottenuto la Carta di soggiorno, quella che non scade e che comunque dà una certa stabilità. Io e altre due mie sorelle invece ci siamo beccate appunto il permesso da studenti. Come dicevo la validità virtuale è di un anno ma quella effettiva varia tra i due e i cinque mesi, perché in genere quando te lo riconsegnano nuovo… hai già finito l’anno. Questo impedisce di uscire dall’Italia, se non per il “Paese d’origine”. E come mi suona strano quel “Paese d’origine” che teoricamente e praticamente è l’Italia!
Yalla: Raccontaci le conseguenze sulla tua vita di questa strana situazione…
Sumaya: Innanzitutto ho perso diverse opportunità di studio e lavoro all’estero per colpa del perenne stato di rinnovo del permesso di soggiorno. Mi è andata bene l’anno scorso che sono riuscita a fare un viaggio studio negli States. Oltre alla non possibilità di uscire dall’Italia, c’è difficoltà a trovare lavoro, difficile prenderti in una situazione del genere. Impossibile partecipare a concorsi, primo perché molti prevedono la cittadinanza. Tra l’altro il non poter avere la cittadinanza ha sempre influenzato le mie scelte e il percorso di studio perché se non sei italiana molte cose non si possono fare. È frustrante sentirsi cittadina di un Paese che dopo 29 anni ancora non ti riconosce! Tre anni fa mi sono laureata in biologia e caso o sfortuna ha voluto che poco dopo il mio permesso scadesse. Apriti cielo! Al momento della richiesta di rinnovo mi fu detto: «Ti trovi un lavoro o ti dobbiamo fare un foglio di via». Un foglio di via a me! E per dove?! Sono rimasta molto male e per settimane ho corso a destra e sinistra per cercar lavoro. Ma chi ti prende “velata”, immigrata al limite della legalità e donna?
Yalla: E allora che cosa hai fatto?
Sumaya: Ho fatto l’unica cosa possibile per rimanere in Italia legalmente: iscrivermi di nuovo all’università. Ora mi sto laureando in Lingua e cultura araba ed inglese alla Statale di Milano. Ma quando mi laureo per la seconda volta, mi dovrò iscrivere alla terza laurea pur di poter restare nel mio Paese? Per evitare quella prospettiva, tre anni fa con mio padre e tutta la famiglia abbiamo fatto nuova domanda con motivazione famigliare. Stiamo ancora attendendo una risposta. Mi chiedi se posso avere un mutuo? E che garanzie dovrei dare alla banca? La mia buona parola? Perché non posso fare la semplice figlia o moglie e vivere a carico di mio padre o marito per avere un documento serio e duraturo? È avvilente.
Yalla: Pensi che la prossima generazione avrà ancora queste problematiche da affrontare o gli ostacoli saranno già stati superati?
Sumaya: Le mie figlie sono già la generazione successiva, la terza per la precisione. Devono aspettare 18 anni, se gli va bene e se non cambiano in peggio le leggi. Una delusione immensa, tra le tante, che questo governo non sia stato in grado di far passare la proposta Amato-Ferrero che avrebbe reso giustizia ai tanti che, come me, ancora vedono sbattersi fuori dalla porta di casa loro. Ma noi siamo italiani, che l’Italia lo voglia o no. Amiamo questo Paese, vogliamo essere protagonisti nella sua crescita, nel suo miglioramento, nella sua apertura alle nuove esigenze che la globalizzazione e l’interdipendenza mondiale oramai richiede a tutti. L’Italia ha grandi potenzialità, è un Paese fantastico, deve solo crederci.

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