Welfare

‘Ndrangheta Spa: ecco la relazione della Commissione Antimafia

Ai raggi X la grande holding economico-criminale

di Redazione

Una grande holding economico-criminale. Che mantiene come un tratto costante il controllo maniacale, quasi ossessivo, del territorio e delle strutture sociali ed economiche. Questa è la ?ndrangheta secondo la relazione annuale della commissione Antimafia, firmata dal presidente dell?organismo bicamerale Francesco Forgione.

La storia degli ultimi decenni, rileva l?Antimafia,ha mutato e segnato il corso di questa evoluzione da mafia arcaica a mafia imprenditrice a centrale finanziaria della globalizzazione con attività al nord e all?estero. Non solo: anni di trasformazioni e di interventi per lo sviluppo segnati da grandi flussi finanziari dello Stato e dell?Unione Europea destinati alla Calabria hanno accompagnato questo salto di qualità, la cui evoluzione si era già sperimentata, dopo i primi anni ?70, col controllo degli appalti per l?autostrada Salerno-Reggio Calabria e l?insediamento industriale nell?area di Gioia Tauro.

Ed ecco che la commissione Antimafia, invita a cogliere «i nessi tra le dinamiche del processo di modernizzazione della Calabria e le ragioni del suo mancato sviluppo economico, produttivo, sociale e civile, e in questo doppio processo va individuato il ruolo che la ?ndrangheta ha avuto nel drenare risorse immense aggredendo, attraverso la permeabilità della macchina amministrativa e della politica, la cosa pubblica ed il bene collettivo.» Il Rapporto Svimez sull?economia del Mezzogiorno presentato nel 2007, nella parte che riguarda la Calabria, presenta il quadro di una regione con un p.i.l. pro-capite di 13.762 euro, pari al 54,6% del p.i.l. pro-capite del Centro-Nord Italia, un tasso di disoccupazione di circa il 13%, un?economia sommersa, in crescita, pari al 27% e lavoratori irregolari, ancora in crescita, per oltre 176.000 unità.

Dallo stesso Rapporto risulta che le imprese che pagano il «pizzo» nella regione sono 150.000, la metà del totale delle imprese esistenti nella regione, con una punta del 70% a Reggio Calabria. Qualora corrispondessero alla realtà queste percentuali, basate su stime della Confesercenti, preoccuperebbero meno dei dati relativi ad altre regioni del Sud. Secondo i dati, infatti, un terzo delle imprese soggette ad estorsione in Italia ha sede in Sicilia, dove il 70% e talvolta l?80% delle imprese è vittima di estorsioni, mentre a Napoli, nel Barese e nel Foggiano la quota di imprese soggette rispetto al totale è pari al 50%.

In realtà, la situazione è di gran lunga peggiore, osserva la relazione della commissione Antimafia, e ciò è confermato anche dall?analisi effettuata dai responsabili degli Uffici di Procura della Repubblica sulla base delle risultanze giudiziarie.
Basta il dato dell?usura, che secondo il Rapporto Svimez fa segnare in Calabria la percentuale più alta di commercianti vittime del fenomeno in rapporto ai soggetti attivi: il 30% con 10.500 commercianti coinvolti in regione.

Ma anche in questo caso, il quadro sembra notevolmente più preoccupante se si esaminano i dati emersi dalle indagini giudiziarie.
Nell?ambito del distretto di Catanzaro «è praticamente inesistente l?impresa resistente alla criminalità organizzata».

Non esiste, se non in rarissimi casi, la denuncia spontanea all?Autorità Giudiziaria da parte delle imprese vittime della criminalità organizzata semplicemente perchè in alcuni distretti del territorio -come quello del vibonese- non esiste la categoria delle «imprese vittime».

Quando non sono direttamente colluse, le imprese sono acquiescenti alle mire e agli interessi della criminalità organizzata e ciò avviene in tutti gli ambiti economici: imprese agricole (specie nella sibaritide, nell?alto Ionio e nel crotonese), imprese turistiche (nel Vibonese e lungo la costa crotonese), imprese commerciali (nel lametino), grande distribuzione, ma soprattutto nell?edilizia, con un?egemonia mafiosa sull?intero ciclo del cemento.

Tutto ciò in Calabria, secondo la relazione dell?Antimafia, «determina una potenzialità criminogena nell?intera gestione dei flussi di finanziamento europeo, offrendo alle mafie e alle loro menti finanziarie l?opportunità di intercettare risorse pubbliche e di condizionare e corrompere la Pubblica Amministrazione.»

Parallelamente il livello di contrasto alle penetrazioni criminali nel settore dei finanziamenti statali e comunitari alle imprese pare risentire eccessivamente della lentezza dei processi penali, cui consegue una sostanziale impossibilità di procedere al recupero delle somme da parte dello Stato, accertata la velocità degli spostamenti delle somme indebitamente percepite, attraverso i circuiti bancari internazionali da un capo all?altro del mondo.

Il fenomeno noto a livello nazionale e risalente nel tempo, per il quale all?indomani dell?avvio delle verifiche da parte degli organi di Polizia (ben più raramente da parte di quelli di controllo dell?amministrazione erogante) e molto prima di giungere ad un?eventuale sentenza di condanna, le somme percepite da parte dell?imprenditore, attraverso frodi e meccanismi corruttivi, vengono immediatamente ritrasferite nella sua disponibilità personale, di suoi familiari o prestanomi.

Del resto, il sistema bancario calabrese non può essere ritenuto immune da una certa contiguità con le centrali dell?appropriazione indebita di finanziamenti, un vero e proprio circuito finanziario pubblico-privato parallelo. Infatti, si spiega nella relazione della commissione parlamentare, a monte la presentazione della richiesta di finanziamento da parte dell?impresa è sempre fondata su dichiarazioni generiche rese da istituti di credito del luogo, con le quali si attesta la solidità patrimoniale dell?imprenditore, dell?impresa o di suoi fideiussori.

Tali dichiarazioni – prive di validità giuridica ai fini della costituzione di una garanzia in favore dell?amministrazione erogatrice – sono praticamente una costante di tutte le frodi ai danni del bilancio dello Stato e dell?UE, da oltre un quindicennio: è grave che il sistema bancario, se più volte interessato dall?Autorità giudiziaria, non abbia mai inteso spezzare questo legame perverso con l?imprenditoria criminale o corrotta, considerato, comunque, che dai sistemi di transito della liquidità sui conti correnti «di lavoro» delle imprese, esso ne trae comunque un profitto.

Dall?insieme di questi elementi emerge un peggioramento della situazione relativa al 2007, secondo dati ufficiali forniti dalla sola Guardia di Finanza riferiti alle frodi ai danni dello Stato e dell?Unione Europea. Su un totale nazionale di 259 violazioni riscontrate per frodi a danno del bilancio nazionale, ben 70 (il 37%) sono avvenute in Calabria.

Su un totale di indebite percezioni ai danni del bilancio statale (legge 488) di euro 208.328.901,00, ben euro 49.290.916,00 (il 23,66%) sarebbero avvenute in Calabria.

Altrettanto grave è la situazione se riferita alle frodi comunitarie, sia nel settore agricolo, che dei fondi strutturali: su un totale di 923 violazioni riscontrate dalla sola Guardia di Finanza, ben 192 hanno riguardato la Calabria, con euro 75.379.513,00 di indebite percezioni su un totale nazionale di euro 221.186.440,00 (pari al 29,34%).

L?analisi dei dati investigativi e giudiziari fornisce, rileva l?Antimafia, «un quadro di preoccupante allarme per l?inarrestabile emorragia di contributi pubblici intercettati dalle cosche». Per quanto concerne i contributi previsti dalla legge 488/92, ne hanno beneficiato 1.125 società operanti nelle varie province calabresi.

Nel periodo compreso tra il 2000 ed il 2003, l?ammontare complessivo dei contributi erogati è stato di 422 milioni di euro ed in tutti gli otto circondari del distretto di Corte d?Appello di Catanzaro sono stati iscritti procedimenti penali per il delitto di truffa aggravata.

La sanità è il buco nero della Calabria, è il segno più evidente del degrado, è la metafora, si legge nella relazione della commissione bicamerale di inchiesta sul fenomeno della mafia, «dello scambio politico-mafioso, del disprezzo assoluto delle persone e del valore della vita».

«Soldi e uomini. Questa è la miscela che fa andare avanti le cose, i capitali veri, animati ed inanimati, di cui dispone la ?ndrangheta». La commissione cita le parole del gip di Reggio Calabria contenute in un?ordinanza di custodia cautelare in carcere che ha riguardato, tra gli altri, Domenico Crea consigliere regionale in carica, «esponente principe del moderno trasformismo calabrese ed italiano, uomo dalle molteplici frequentazioni politiche: nel giro di tre anni è passato dal centro-destra con l?UDC, al centro-sinistra con la Margherita per ritornare al centro-destra con la nuova DC dell?on. Rotondi. È stato assessore all?urbanistica e all?ambiente, all?agricoltura e al turismo. È passato da un assessorato ad un altro, da un partito all?altro. Un funambolo.»

È la sanità lo spartiacque di civiltà che caratterizza l?intero dramma politico e sociale che vive la Calabria. Come la Campania dei rifiuti. «La salute saccheggiata, spartita, mercificata, svenduta per un consenso politico che privilegia l?ossessiva ricerca del profitto sulla vita».

«La sanità pubblica viene fatta morire per alimentare il senso comune dell?utilità della sanità privata. Chi governa crea così l?alibi per drenare risorse pubbliche verso un sistema d?affari privato che spesso, in Calabria, ha come soggetto diretto d?impresa la ?ndrangheta.

La ?ndrangheta è forte, con le sue ricchezze e la sua capacità economica, riesce a soddisfare i bisogni della gente quando questi non trovano nella politica la possibilità di ricevere risposte pubbliche.
Ma negli ultimi anni,sottolinea l?Antimafia, non tutto è rimasto grigio. »La risposta dei giovani di Locri dopo l?omicidio Fortugno ha rotto un silenzio che durava da anni e le migliaia e migliaia di persone che il 21 marzo del 2007 hanno raggiunto Polistena per la giornata della memoria contro le mafie, strette attorno a tanti famigliari di vittime, hanno dato senso e continuità di impegno civile. Un momento significativo, in una terra dura come la Calabria, al quale ha partecipato anche una delegazione ufficiale della Commissione parlamentare antimafia.

Milano e la Lombardia rappresentano la metafora della ramificazione molecolare della ?ndrangheta in tutto il nord, dalle coste adriatiche della Romagna ai litorali del Lazio e della Liguria, dal cuore verde dell?Umbria alle valli del Piemonte e della Valle d?Aosta.

Di questi insediamenti la relazione della commissione Antimafia fornisce alcuni spaccati, tutti legati ferramente a doppio filo con i territori d?origine com?è caratteristica della ?ndrangheta e come indicato dalla ricostruzione della mappa delle famiglie in altra parte di questa relazione.

Nella relazione del 13 gennaio 1994 la Commissione d?inchiesta approvava la relazione sugli insediamenti e le infiltrazioni di organizzazioni di tipo mafioso in aree non tradizionali, le principali regioni del Nord e del Centro Italia.

La relazione già evidenzia come in Lombardia la ?ndrangheta era l?organizzazione più potente, cita i risultati di operazioni quali Wall Street e Nord-Sud che allora erano in pieno svolgimento e che, insieme alle successive, in particolare l?operazione Count Down dell?ottobre 1994 e l?operazione Fiori della Notte di San Vito, del novembre 1996, riguardante il clan Mazzaferro, sono sfociate nei grandi dibattimenti sino ai primi anni del 2000 che si sono conclusi con centinaia di condanne.

Si può affermare, scrive oggi il presidente Francesco Forgione, che con queste operazioni »è stata quasi eliminata la componente militare di imponenti organizzazioni, dai soldati fino ai generali, e sono stati «riconquistati» dalle forze dello Stato territori che erano fortemente condizionati da cosche come quelle di Coco Trovato nel lecchese, i Morabito-Palamara-Bruzzaniti e i Papalia-Barbaro-Trimboli.

«Da allora- si osserva ancora- nessun?altra indagine approfondita di impulso parlamentare si è occupata degli insediamenti mafiosi in Lombardia nonostante il nord del Paese e Milano siano stati investiti da grandi processi di trasformazione economici e sociali, di deindustrializzazione di intere aree e periferie urbane e, in questi cambiamenti, le mafie abbiano riguadagnato silenziosamente ma progressivamente terreno».

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