Rapporti

Nei tg cresce l’attenzione per gli esteri: Gaza domina l’agenda, ma le voci palestinesi restano invisibili

I telegiornali italiani hanno aumentato l'attenzione sulle notizie estere: nel 2024 e nei primi mesi del 2025 sono state trasmesse 22.594 notizie di esteri, pari al 38% del totale, uno dei livelli più alti dal 2012. Il conflitto a Gaza ha dominato l'agenda, ma è stato raccontato principalmente da giornalisti italiani, con scarso spazio per i testimoni diretti. Africa e America Latina hanno ricevuto solo il 5% dello spazio informativo. Questi sono solo alcuni dati contenuti nel rapporto “Illuminare le Periferie – Osservatorio Esteri”

di Redazione

Presentato il VII rapporto “Illuminare le Periferie – Osservatorio Esteri, promosso da Cospe, Osservatorio di Pavia, Fnsi – federazione nazionale stampa italiana e Usigrai, in collaborazione con Articolo 21 e Regione Toscana, realizzato nell’ambito dell’Estate Fiorentina 2025, iniziativa culturale del Comune di Firenze. 

Continua a crescere l’attenzione sugli esteri nell’agenda mediatica dei TG nazionali. Nel 2024 e nei primi mesi del 2025 i telegiornali italiani hanno trasmesso 22.594 notizie di esteri, pari al 38% del totale, uno dei livelli più alti dal 2012.

La guerra a Gaza ha dominato l’agenda: dal 7 ottobre 2023 ad aprile 2025 sono stati trasmessi 5.750 servizi, pari a circa un quinto (21%) delle notizie estere, ma l’impossibilità di ingresso dei giornalisti internazionali nella striscia lo ha reso un genocidio raccontato solo dal sacrificio degli oltre 200 giornalisti palestinesi uccisi dall’8 ottobre ad oggi.

«È un paradosso crudele», afferma Anna Meli, presidente di Cospe, «chi vive dentro una guerra e la racconta sulla propria pelle viene spesso considerato meno credibile di chi la osserva da lontano. Un cortocircuito che ci interroga tutte e tutti ed è per questo che chiediamo al giornalismo italiano di decolonizzazione dello sguardo mettere in discussione la nostra idea di chi è autorizzato a parlare, di chi definisce cosa è umano, cosa è “civile”, chi merita di essere ascoltato».

Lo sguardo e l’attenzione dei TG italiani continua invece ad essere eurocentrico. Il 95% dello spazio informativo è stato dedicato al Nord del mondo (Europa, Nord America, Asia), mentre Africa e America Latina insieme hanno raccolto appena il 5%. L’Africa in particolare è scesa dall’11% del 2013 all’1,5% nel 2024/25. I Paesi africani prioritari per la cooperazione italiana hanno ricevuto solo 46 notizie nel 2024/25, contro le 180 dell’anno precedente (–74%), nonostante l’annunciato Piano Mattei e le visite ufficiali nel continente africano, oltre che una guerra, come quella in Sudan, che sta causando la più grande crisi umanitaria dell’anno secondo le Nazioni Unite e su cui c’è un buio totale nei media italiani. 

Nei talk show e nei programmi di approfondimento, analizzati per la prima volta nel rapporto 2025, relativamente alla guerra su Gaza, emerge che il 93% delle voci ascoltate è stato italiano, con uno spazio marginale concesso a palestinesi direttamente coinvolti nel genocidio.

Come sottolinea Donata Columbro, curatrice di questa parte del rapporto,  il conflitto a Gaza è stato raccontato molto, ma senza testimoni diretti: «Giornalisti e analisti italiani hanno commentato da lontano, mentre i protagonisti della guerra sono rimasti fuori dallo schermo». Ne emerge una rappresentazione “non neutrale”, che rischia di far credere di comprendere la guerra senza averne mai ascoltato davvero le voci. Neppure le ong costituiscono per la TV italiana dei testimoni credibili nonostante il lavoro di terreno e la lunga permanenza nei paesi. 

Nell’introduzione al Rapporto, si richiama inoltre la necessità di decolonizzare lo sguardo mediatico, per superare una narrazione autoreferenziale che marginalizza interi continenti e milioni di persone, riducendo le società civili del Sud globale a oggetti di cronaca anziché soggetti di trasformazione.

Foto: Palestinesi corrono al riparo durante un attacco aereo israeliano su un grattacielo a Gaza City, venerdì 5 settembre 2025/AP/Yousef Al Zanoun/LaPresse

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