Non profit

Nella pentola infernale di Goldman Sachs

Il caso di Greg Smith: un pentito della banca d'affari

di Redazione

Greg Smith dopo 12 anni di lavoro ha sbattuto la porta alla Goldman Sachs e si è dimesso pubblicando le motivazioni direttamente sul New York Times. Un’uscita dai toni duri, non priva di polemiche, che è rimbombata a Wall Street e su tutti i giornali del mondo. Greg era direttore della sezione americana dei derivati azionari per Europa, Medio Oriente e Africa. A colpire è stata la motivazione della sua uscita:«Goldman Sachs è diventato un ambiente tossico e distruttivo dove la banca è impegnata a qualsiasi costo a macinare profitti anche a spese dei propri clienti». Il titolo della banca è precipitato in Borsa perdendo oltre due miliardi di capitalizzazione in poche ore. La dirigenza è subito corsa ai ripari facendo sapere che il signor Smith in fondo è solo uno dei 12mila direttori esecutivi e che lo spirito dell’istituto è ancora quello delle sue origini.
Goldman Sachs, già salvata dal fallimento nel 2008, è una delle banche di investimento più influenti del pianeta ed è stata coinvolta in quasi tutti gli scandali finanziari dell’ultimo secolo. I suoi dirigenti hanno sempre ricoperto posti chiave negli organi di controllo fino al ruolo di segretario del Tesoro americano o responsabili di governo in diversi Paesi in Europa. Con le loro enormi risorse di capitale e con le piattaforme di trading elettronico ormai dominano i mercati mondiali delle materie prime e delle divise mettendo a rischio l’economia reale e la sovranità stessa di intere nazioni col solo fine della ricerca esasperata del profitto.
I ripensamenti di Greg sono sacrosanti ma qualcuno si chiede se ci volevano 12 anni per capire che l’ambiente era tossico. Le cose non gli andavano poi così male se godeva, come i suoi colleghi, di uno stipendio di circa 400mila dollari l’anno oltre ai bonus. E se proprio uno volesse dedicare la propria vita a servizio dell’umanità, non dovrebbe andare a lavorare per Goldman Sachs.