Malgari non ci sono più. O almeno non oggi visto che la stagione sulle vette più alte, per tradizione, va da San Giovanni (24 giugno) a San Michele (29 settembre), quando il cattivo tempo incomincia a “bruciare” le erbe dei pascoli e diventa necessaria la transumanza in pianura. In verità oggigiorno diventa sempre più difficile trovare pastori disposti a spingersi veramente sui pascoli più alti. La vita in malga, che a volte dista dal centro abitato anche un paio d’ore di cammino a piedi, richiede un incredibile periodo di isolamento. Eppure sulle malghe dell’arco alpino italiano nascono i migliori formaggi, che hanno un particolare sentore erbaceo e floreale.
Uno dei formaggi più buoni, ad esempio, è il Raschera, che si produce in tutta la provincia di Cuneo. Ma solo il Raschera d’alpeggio (riconoscibile dalla fascetta gialla) può essere prodotto in nove comuni di montagna, di cui il più importante è Frabosa Soprana, dove ha sede anche il caseificio cooperativo che oggi raccoglie il latte dei pochi malgari rimasti, per avere ancora quelle antiche forme di sei chilogrammi, quadrate, che sono uno spettacolo se assaggiate col vino Dolcetto delle vicine Langhe Monregalesi.
A Frabosa mi sono commosso, a inizio ottobre, quando ho partecipato a un consesso di sindaci che avevano in mente di costruire un caseificio in alta quota, per favorire una migliore razionalizzazione del lavoro. Se andate a Frabosa, cercate la panetteria del paese e comprate le paste di meliga (che buone!) che chiedono solo un buon latte caldo. Nella piazza del Municipio, apre poi le sue porte il Cantun, un locale gestito da giovani. Qui si acquistano il Raschera e il Testun e al piano di sopra c’è l’osteria, accogliente, elegante, che fa i piatti della tradizione e che in questa stagione è ricca di castagne e di funghi. Se cercate angoli di Italia vera che resiste, seguite il consiglio: partite!