Welfare
Niente interpreti, gli imputati tedeschi non rispondono
L'ad Harald Espenhan e il consigliere delegato Gerald Priegnitz hanno deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere
di Redazione
Hanno deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere e di non sottoporsi all’esame, leggendo entrambi una dichiarazione spontanea, i due imputati tedeschi del processo per il rogo della ThyssenKrupp, l’ad Harald Espenhan e il consigliere delegato Gerald Priegnitz. Una decisione presa dopo che la Corte, nelle scorse udienze, aveva respinto la richiesta avanzata dalla difesa di un interprete per l’esame dei due imputati.
«Ho sempre ritenuto -ha detto Espenhan leggendo la sua dichiarazione spontanea- che sottopormi all’esame fosse un momento importante per la difesa nel processo. Ho preso atto della decisione della Corte, rispetto questa decisione ma con dispiacere devo riconoscere di non poter affrontare un interrogatorio che si preannuncia lungo, articolato e complesso, in una lingua che non conosco approfonditamente».
L’ad della ThyssenKrupp ha poi spiegato, sempre leggendo il testo scritto, che durante il suo lavoro in Italia era stato «in un ambiente lavoratori composto da numerosi cittadini tedeschi e nel nostro contesto di lavoro la lingua usata è sempre stata ed è tuttora l’inglese. I miei collaboratori, sia tedeschi che italiani, si esprimono prevalentemente in inglese, sia nelle comunicazioni scritte che nelle conversazioni orali. Nel corso del tempo mi sono avvicinato alla lingua italiana, di cui ho appreso alcuni elementi base ma ciò non mi consente di capire e di esprimermi con necessaria competenza in questa lingua».
Per questo ha concluso Espenhan riservandosi di depositare una memoria scritta, in cui rispondere agli addebiti contestati, «la mia difesa risulterebbe gravemente condizionata da una difficoltà di comprensione ed espressione». (segue)
(Ato/Gs/Adnkronos)
(Adnkronos) – Analoga dichiarazione è stata letta sempre con un marcato accento tedesco anche da Priegnitz che ha ricordato di aver chiesto di poter sostenere l’esame con l’assistenza di un interprete perchè «non conosco la lingua italiana. Ho vissuto a Terni -ha ricordato- dal 2005 al 2007 e in Italia ho parlato in un contesto lavorativo dove, anche per la presenza di numerosi cittadini tedeschi, era comunemente usata la lingua inglese. Mi sono sempre espresso -ha proseguito- sia per le comunicazioni scritte che per quelle orali, sia con i tedeschi che con i colleghi italiani, in inglese».
Priegnitz ha poi precisato di aver «frequentato per un certo periodo alcune lezioni di italiano» ma di non averlo «appreso con sufficienza». Dopo il suo rientro in Germania, nel gennaio 2008, «non ho più avuto occasioni, se non eccezionalmente -ha detto ancora- di contatto con la lingua italiana per questo non sono certamente in grado di comprendere le domande che le parti mi rivolgerebbero in italiano nè di rispondere con la necessaria competenza di chiarezza espositiva».
Anche Priegnitz si è riservato di depositare una memoria scritta di dichiarazioni spontanee, «dove risponderò specificamente -ha concluso- a tutti gli addebiti che mi sono contestati». La Corte si è quindi ritirata per qualche minuto.
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