Welfare

Niente paure, la realtà è più avanti di quanto pensiamo

di Redazione

di Lubna Ammoune
La realtà è più avanti di quanto pensiamo. Appena pochi anni fa ero sempre in terza o quarta fila, ascoltavo i relatori alle conferenze e annotavo i pensieri che più mi colpivano. Puntualmente ero tentata di porre una domanda a chi era intervenuto ma poi mi nascondevo per l’emozione. Quando ho conosciuto il mondo di Yalla qualcosa è cambiato, improvvisamente, da un giorno all’altro. Mi è stato svelato un lembo del mio futuro, quasi fosse una profezia.
Allora ero incredula, oggi lo sono ancora, perché mi avevano avvisato che un giorno sarei stata io dall’altra parte del palco, con un pubblico davanti ad ascoltarmi. Oltre all’esperienza di scrittura nata con Yalla Italia nella mia vita è cambiato qualcosa che mai avrei immaginato. Preferisco esprimermi con la penna che oralmente, ma qualcuno non ha esitato a incoraggiarmi e ho vinto i miei timori, anche se prima di avvicinare le labbra al microfono riemerge sempre il batticuore.
Ho iniziato a raccontare la mia esperienza e ho capito l’importanza di prendere la parola in pubblico. La vivo come una grande responsabilità ed è una sfida che si presenta spesso, permettendoci, insieme, di varcare la soglia. Così come cerchiamo di farlo con il nostro inserto mensile, lavoriamo per trasmettere un messaggio di normalità e pluralità nelle realtà che ci chiamano. Ricordo che alle prime conferenze venivano poste domande che riguardavano argomenti a noi ampiamente noti, intimamente vissuti e quotidianamente approfonditi. Le domande? «Perché porti il velo? È una tua libera scelta?»; «Pensi di essere integrata in Italia?»; «Ti senti italiana o siriana?»; «Hai vissuto crisi d’identità?»; «Ti senti discriminata?». Domande legittime, anche se a volte, nel corso della mia esposizione, avevo suggerito le risposte. Effettivamente trovarsi una nuova italiana o un nuovo italiano come siamo noi di Yalla, non lascia indifferenti.
Ma di fronte a queste domande i media sono rimasti indietro. Disquisiscono sull’integrabilità dei musulmani e scriviamo seconda generazione d’immigrati (riferendoci anche a ragazzi nati e cresciuti in Italia), senza capire che non per questo le menti dei più si sono fermate. Anzi, fuori dalla nostra porta esistono un’infinità di anime interessate, curiose e appassionate che sono andate oltre.
Pensavo di dire qualcosa di nuovo dichiarando di essere una cittadina europea di fede musulamana mentre il pubblico, che dà per scontato la nostra cittadinanza italiana, incalza con domande che vanno oltre le mie aspettative, a volte anche troppo impegnative perché richiedono più specializzazione di quanto ne abbia io, appena ventenne. «Credete che a livello legislativo ci possano essere dei punti critici in rapporto al diritto islamico?»; «Come sarà la società di domani?»; «Che contributo di mediatori pensate di dare alla nostra realtà?»; «Quali sono le dinamiche nelle coppie miste?». Ascolto i quesiti, cerco supporto nei consigli del professor Branca che è l’anima del nostro inserto e che non esita mai a mostrarci quanto creda in noi. Osservo i volti di chi è nell’aula, nascono anche delle intese di sguardi e penso che non siamo eroi. Non siamo neanche missionari. Vogliamo semplicemente cambiare le percezioni, discutere e far discutere per capire.
Fino a qualche tempo fa concludevo le mie testimonianze affermando che andrei a dormire molto più serenamente sapendo di aver cambiato la percezione anche solo di una persona attraverso i nostri racconti. Ora guardo avanti con più fiducia che mai, perché al contrario di quanto vogliono farci credere, la realtà è molto più avanti di quanto pensiamo.

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