Mondo

Nigeria, Super Eagles e Boko Haram

Mentre in patria è un susseguirsi di rapimenti, attentati, omicidi e violenze la nazionale di calcio della Nigeria continua a disputare le partite del Mondiale e a dimostrare come sia possibile l’integrazione

di Redazione

È di 54 il numero delle vittime dell’attacco sferrato domenica scorsa dagli estremisti di Boko Haram contro alcune chiese nello Stato del Borno, in Nigeria. Si tratta di un bilancio provvisorio destinato a salire nelle prossime ore.

Questa è soltanto l’ultima, in ordine di tempo, delle notizie che riguardano le violenze che da tempo i terroristi anti-occidentali di Boko Haram stanno mettendo a segno pressoché indisturbati nel Paese africano.

Dopo il rapimento delle 223 studentesse liceali di Chibok, sempre nello stato di Borno, avvenuto ad aprile, nei giorni scorsi, si è consumato un altro rapimento di massa. Questa volta i Boko Haram hanno rapito una sessantina di ragazze ed una trentina di ragazzi sempre nel Nord.-Est del vasto Paese (923.768 kmq e 160.423.182 abitanti) nel villaggio di Kunnabza.

Tra un rapimento e l’altro, attentati, omicidi e violenze di ogni tipo sempre ad opera dei Boko Haram (ed anche dei pastori musulmani di etnia Fulani) verso chiunque avesse atteggiamenti filo occidentali la nazionale di calcio della Nigeria continua a disputare le partite del Mondiale come se nulla fosse.

Pur riconoscendo i meriti sportivi delle Super Eagles, giunte per la quinta volta alla fase finale del mondiale e qualificatesi agli ottavi come seconde del girone F (incontreranno la Francia tra poche ore), ci viene spontanea una domanda. Perché non cogliere l’importante vetrina mondiale offerta da Brazil 2014 e portare all’attenzione di tutti quanto sta accadendo in Nigeria?

Del resto proprio la compagine nigeriana, grazie anche al carisma del ct Stepphen Keshi (che ha studiato in una scuola cattolica di Ebute Metta, un sobborgo di Lagos) è un esempio da sfruttare in tutta la sua potenzialità in quanto i ventitré convocati sono un armonioso mix tra musulmani e cattolici, perfettamente funzionante, a giudicare dal risultati sin qui conseguiti.

Pensate all’attacco nigeriano composto dal tandem Emmanuel Emenike, classe 1987, in forza della squadra turca del Fenerbache, e Ahmed Musa, classe 1992, talento della CSKA Moscow. Una coppia di attaccanti invidiata da tutti, che a suon di goals ha portato la Nigeria alla conquista della Coppa d’Africa lo scorso anno ed al brillante mondiale che stiamo vivendo.

Ecco, mentre Emenike è cattolico, Musa è musulmano ma loro, come gli altri giocatori, convivono bene e, a giudicare dai risultati, collaborano per raggiungere un risultato comune, la vittoria della Nigeria.

Perché, quindi, non promuovere fino alla noia questa esperienza che segnerebbe un goal al terrorismo di ogni sorta magari accompagnata da iniziative “folkloristiche” come, ad esempio, quella dei giocatori dell’Argentina quando nell’amichevole pre-mondiale contro la Slovenia scesero in campo con lo striscione “Las Malvinas son argentinas”?

Purtroppo i media parlano più della Nigeria calcistica che di quella…terroristica! E le autorità della Nigeria seguono più le sorti calcistiche della loro rappresentativa piuttosto che quelle della popolazione.

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