Welfare

No alla legge delega sull’assistenza

Per l'Auser è «un’operazione di particolare iniquità »

di Redazione

Auser contro il governo. Il Comitato Direttivo Nazionale dell’associazione, riunito a Roma ha detto un no secco al disegno di legge delega sull’assistenza.

«Una legge che mira indiscriminatamente a tagliare; un’operazione di particolare iniquità – spiega l’Auser – che colpisce le donne, le famiglie, i disabili, gli anziani, gli orfani, le vedove , parliamo di circa 7,2 milioni di percettori delle diverse provvidenze assistenziali».

Contrastata dall’associazione anche la logica su cu si basano i tagli della legge delega. «Non si può inoltre pensare di tagliare sull’assistenza per trovare le risorse per realizzare la riforma fiscale. Il rapporto fisco-assistenza va rovesciato: è dal prelievo e dalla lotta contro l’evasione e l’elusione che vanno reperite le risorse per una seria riforma dell’assistenza» precisa l’associazione.

Una legge delega che per l’Auser è la tappa finale dei continui tagli sul fondo delle politiche sociali e un attacco alla legge 328/2000.

«L’attacco alla 328 diventa radicale, spariscono i livelli essenziali e si compromette il principio della universalità dei diritti, mentre compare un nuovo riferimento quello ai “soggetti autenticamente bisognosi”. Un’espressione che la dice lunga sulla indiscriminata criminalizzazione nei confronti di coloro che percepiscono assegni di invalidità ed accompagnamento».

Per l’Auser si tratta del preludio a un sistema di welfare che aiuta solo le persone in condizioni estreme. «Occorre rilanciare la 328– chiede l’associazione- e definire i livelli essenziali di assistenza ribadendo la competenza esclusiva delle regioni nell’organizzazione e nella gestione del sistema pubblico di protezione sociale»

Un no secco è arrivato anche sulla manovra. Per l’Auser è necessario «restituire fiducia e stabilità ai mercati – è stato sottolineato – ed equilibrare gli interventi in funzione di una crescita che dia lavoro e sviluppo in tutto il Paese e che non si accanisca sulle condizioni di vita dei cittadini più deboli».

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