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“No Lost Generation” la campagna per i piccoli siriani

Lanciata da Unicef, Unhcr, Save the Children, World Vision e altri partner la strategia richiede un miliardo di dollari. Un sito internet speciale, video e un hashtag #childrenofsyria. Oltre un milione i piccoli rifugiati e 3 milioni gli sfollati interni

di Redazione

Una campagna per i bambini siriani perché la loro non sia una generazione perduta. Ci sono Unicef, Unhcr, Save the Children, World Vision e altri partner dietro la strategia “No Lost Generation” che ha visto queste organizzazioni chiedere ai governi e alle agenzie per gli aiuti di divenire campioni per i bambini della Siria. Obiettivo è aiutare quanti sono stati colpiti dal conflitto perché abbiano l’opportunità di un futuro più stabile e sicuro.

Le organizzazioni mirano al supporto di  donatori e pubblici e privati per sostenere i programmi di istruzione e protezione necessari a salvare i bambini siriani dalla miseria, dall’isolamento e dai traumi. La strategia è stata lanciata pubblicamente la settimana scorsa in Kuwait nel corso di una conferenza di grandi donatori per gli aiuti umanitari. Una grande campagna che ha bisogno di un miliardo di dollari e che punta anche al coinvolgimento dell’opinione pubblica, ragione per cui è stata lanciata attraverso i social media con l’hashtag #childrenofsyria. Inoltre, uno speciale sito-web è stato lanciato per questa iniziativa all'indirizzo: www.championthechildrenofsyria.org

«Mentre il conflitto vede un altro amaro anniversario, non possiamo stare fermi  e guardare una generazione scomparire di fronte a noi» ha detto il Direttore generale dell’Unicef Anthony Lake. «È  l’ora dei “campioni per i bambini della Siria”, è ora che il mondo si muova e aiuti tutti questi bambini dando nuova speranza e fiducia al loro futuro. Se adesso falliamo nei confronti di questi bambini, un’intera regione perderà una generazione di potenziali leader, insegnanti, tecnici, medici e  – soprattutto – peacemakers, dai  quali dipende la speranza di una società stabile, sana e forte».

Da quasi tre anni, i bambini della Siria sono i più vulnerabili di tutte le vittime del conflitto – dicono le quattro organizzazioni – hanno visto uccidere le proprie famiglie e i propri cari, distruggere le scuole e vanificare le proprie speranze. Troppe sono state le ferite fisiche e psicologiche. I bambini sono anche diventati vulnerabili alle peggiori forme di sfruttamento, tra cui:  lavoro minorile, arruolamento in gruppi e forze armate, matrimoni precoci e altre forme di violenza di genere.
Oltre un milione di rifugiati siriani sono bambini, di cui più di 425mila hanno meno di 5 anni. La grande maggioranza di questi rifugiati sono fuggiti in Libano, Giordania, Turchia, Egitto e Iraq. Tra questi, circa 5.000 bambini sono separati  dalle proprie famiglie e non accompagnati. La situazione degli oltre 3 milioni di bambini sfollati all’interno della Siria è molto grave.

Unhcr, Unicef, Save the Children, World Vision e altri partner nella regione, in accordo con i governi e le comunità locali, impiegheranno 1 miliardo di dollari in programmi di istruzione, protezione da sfruttamento, abusi  e violenze, supporto e cure psicologiche e per offrire più opportunità alla coesione sociale e alla stabilità in una regione già instabile. Questi programmi includono anche il rafforzamento di sistemi di protezione nazionale infantile, sia a livello nazionale, che di comunità.
L’iniziativa amplierà anche l’accesso a un’istruzione di qualità, attraverso approcci formali e informali, introducendo programmi accelerati per i bambini che hanno perso la scuola, programmi di formazione e incentivi per gli insegnanti, creando ambienti sicuri per ridurre ulteriormente l’esposizione dei bambini a ulteriori rischi.
«I bambini della Siria sono sopravvissuti a orrori quotidiani e a una miseria che possiamo solo immaginare e i loro sogni per il futuro rischiano di essere distrutti», ha detto Lake. «Prevenire la perdita di questa generazione richiede maggiore supporto, impegni più forti e incisivi e una rinnovata solidarietà per evitare che il ciclo di violenze, odio e intolleranza continui in una regione che ha sofferto già troppo».

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