L’ultimo libro di Giulio Sapelli è piccolo ma molto denso. L’inverno di Monti. Il bisogno della politica è un viaggio emozionante nella storia e nell’economia del mondo. L’affresco è potente, i tratti rapidi e decisi, l’analisi non soffre di alcuna esitazione. Nel quadro che Sapelli tiene sott’occhio, la realtà italiana, vista dall’alto, appare come un puntino appena visibile, quale oggettivamente essa è nello scenario planetario. Tutto inizia con l’osservazione della storia d’Italia come frutto dell’intreccio tra fatti domestici e fatti internazionali, e ciò assai più di quanto valga per molti altri Paesi. Siamo ben diversi da Stati a lunghissima storia nazionale come la Spagna o la Francia. Ed è paradossale che la “spadoletta di latta” dei Savoia procuri all’Italia una storia relativamente simile a quella della Germania, che si fa largo brandendo invece uno spadone, prima quello della sua forza militare, poi quello dell’alta produttività e della disciplina sociale. Ragione per cui i tedeschi, pur avendo perso tutte le guerre, hanno «sempre vinto tutte le paci».
La storia va avanti, implacabile, con tutte le sue costanti e le sue imprevedibilità. Tra gli eventi più puntuali di un destino vi è, a livello europeo, la leadership economico-politica della Germania costruita su un credo cieco nella potenza della moneta e della sua salvaguardia, e il fatto che chi, in Italia, si dimostra poco rispettoso dell’alleanza militare con gli Stati Uniti tocca «i fili dell’alta tensione» (per esempio, Craxi con Sigonella e Andreotti per la Libia). Anche in Italia, come nel resto del mondo, succede di tutto. Succede persino che la sinistra si trovi alleata con il grande capitale ? o meglio, con i pochi grumi di esso capaci di rapportarsi con la finanza internazionale ?, e che il centrodestra di Berlusconi e Bossi diventi paladino di una classe operaia spaesata e di una microimpresa geniale capeggiata da imprenditori più operosi dei loro stessi operai.
Italiani come cavie
«Per carità», ci avverte Sapelli, «non si tratta di un piano organico, di un disegno. La storia s’invera scompostamente, come una nave in tempesta e con il capitano e i nostromi completamente ubriachi». Ma intanto accade ciò che deve accadere. A un’Italia riottosa alla disciplina tedesco-europea, il blocco berlusconiano cerca di procurare un diverso ancoraggio internazionale. E però, forse per mancanza di realismo, tutto va storto: la relazione con la destra repubblicana Usa viene distrutta dalla vittoria di Obama; il legame con Putin non diminuisce il bisogno dell’oligarchia russa di mantenere un rapporto organico con la Germania; la scenografica celebrazione dell’unità d’intenti con Gheddafi viene spazzata via dalle rivoluzioni arabe; l’alleanza con la Francia in funzione antitedesca non trova supporto nell’incerta politica economica di Tremonti.
Il risultato di tutto ciò è l’entrata in scena di Mario Monti. Persa la fiducia sia in Prodi che in Berlusconi, acclarata la necessità della ricostituzione di un nesso nazione-internazionalizzazione, l’oligopolio finanziario internazionale ? quello che, dice Sapelli, «comunemente si chiama mercato» ? punta sull’uomo adatto per rivitalizzare il rapporto con il potere tedesco.
Vuo’ fare l’americano…
Il professor Monti non solo è la «quintessenza della morte dell’ideologia», ma è anche «l’esponente del blocco poliarchico italico organicamente europeo: grandi banche, grandi scuole internazionali di business, grandi società di consulenza, grandi cattedrali del pensiero semplice che, se non riescono a governare i sistemi complessi, sono capaci (…) di trarne ogni utile possibile». Insomma, il professor Monti sembra l’uomo idoneo a perseguire non solo l’obiettivo della totale americanizzazione della Bocconi ma anche quello più complicato e ambizioso di rendere la politica italiana completamente acefala. Nominato come un dictator romano ? chiamato a difendere il potere dell’oligarchia ? Monti è a capo di un drappello di tecnici molto professori e poco intellettuali che «concepiscono i soggetti umani come cavie e non come persone». Perché? Semplice. Il dio denaro è avido di sacrifici umani, e la ragione per cui i suoi sacerdoti sono ancor più crudeli di lui è che i seguaci di un capo cattivo sono spesso più realisti del re, cioè individui molto zelanti.
Scritto da un professore che, a differenza di altri, è anche un vero intellettuale, L’inverno di Monti contiene verità amare, cose che è bene sapere anche se fanno male. Che è forse il motivo per cui questo piccolo libro manda lampi di luce come la lama di un coltello affilato.
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