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Non è l’oro che vale sempre di più. È il dollaro che vale sempre meno

di Redazione

L’oro è stato il migliore investimento degli ultimi dieci anni con una performance vicina al 500%. Nei giorni passati ha superato i massimi storici arrivando a 1.300 dollari l’oncia (31 grammi). Mille dollari investiti in oro nel settembre 2001 oggi, al netto dell’inflazione, varrebbero 4.600 dollari mentre mille dollari nella Borsa americana, compresi i dividendi, varrebbero 900. Dieci anni fa con 100 dollari ti davano 12,44 grammi, oggi te ne danno 2,4. Questa è la vera svalutazione del dollaro, non è l’oro che va bene, è il dollaro che va male.
I governi e le banche centrali sono alla ricerca disperata di soluzioni che però hanno sempre un costo: monete sempre più deboli e rischi di inflazione. Coloro che dicono che siamo in un nuovo mercato speculativo dell’oro non capiscono ciò che sta realmente succedendo. Gli investitori del metallo prezioso ci stanno dicendo che il modo migliore per salvare il proprio potere di acquisto è possedere l’unica vera moneta rifugio che è l’oro. Vogliono qualcosa di sicuro in questi tempi di incertezza ma soprattutto una moneta che non abbia alle spalle una controparte, uno Stato o una banca: l’oro è già ricchezza di per sé, è ampiamente riconosciuta e non ha alcuna controparte. È il barometro della salute della moneta alla base di una nazione: la moneta di carta, non più convertibile dopo il 1971, perde sempre più fiducia e alla fine l’oro non avrà più un prezzo perché avrà ripreso il suo ruolo come moneta. Per questo la manomissione del prezzo del metallo giallo, da parte delle banche centrali, sinora ha consentito di mascherarne la cattiva gestione.
Più di 95 economisti, analisti e commentatori finanziari sono convinti che l’oro andrà a 2.500 dollari e la maggior parte (55) indica un prezzo di oltre 5mila.
I più grandi acquirenti, ironia della sorte, ora sono le banche centrali. L’Arabia Saudita ha raddoppiato le riserve, la Russia rileva mensilmente sostanziali incrementi mentre la Cina negli ultimi cinque anni ha aumentato la sua disponibilità da 600 a 1.100 tonnellate, poco meno del 2% delle sue riserve totali. Fino a oggi.

MA LA CRISI NON ERA FINITA?
Federmeccanica: nei primi sei mesi dell’anno continua a scendere il numero degli occupati: -3,2%.

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