Come pensare ad una società che cura escludendo una società che si prende cura? Come posso continuare ad ascoltare ed incontrare giovanissimi adolescenti che mi raccontano del primo incontro con le droghe avvenuto al parchetto sotto casa e non pensare a questi parchetti? Arriviamo sempre secondi, sempre dopo, sempre quando le cose sono state fatte e affrontate, da loro e da soli ? eppure i più giovani ce lo dicono e lo chiedono a gran voce: «Dove siete voi adulti?». E noi voltiamo la faccia dall’altra parte o cambiamo strada. Quanti parchetti, nati come luoghi di tranquillità e di incontro con quel poco di natura che le nostre città ci lasciano, si sono trasformati in zone di rischio e di degrado dove troppi giovanissimi inciampano più o meno accidentalmente nelle droghe?
Forse è il caso di essere più presenti nei posti dei giovani, ma da adulti con sguardo giovanile. Non possiamo continuare a curare e parlare di prevenzione mirando però solo alla cura, non possiamo limitarci a portare avanti le ronde punitive e controllanti senza tener conto della necessità di offrire un’alternativa valida. Certo, che per fare tutto ciò è necessaria una preparazione, non possiamo immergerci sprovveduti in questo mare che nasconde ombre mai esplorate e travolgenti, anche se a volte anche ai più abili esploratori un po’ di incoscienza non fa male.
Eppure è proprio nei parchetti che la gente giovanissima impara a conoscere ed usare le sostanze, conosce i vari rituali, si sperimenta con la prepotenza del più “ganzo”, si permette di distruggere le cose pubbliche. È sempre nei parchetti che si impara a bere, ad usare un certo linguaggio, a diventare aggressivi verso l’autorità e verso i propri genitori, sì perché tutto non deve avere un divieto, tutto deve essere concesso e permesso. Questi luoghi diventano allora i posti da evitare, quando tutti sanno quel che succede al loro interno ma nessuno interviene. Sono i posti nascosti dove è più facile non passare, sono i posti dove si dovrebbe essere più presenti e che vengono invece “dimenticati” e lasciati terre di conquista per questo disagio dilagante.
Cosa si dicono i giovani in questi contesti, alterati da diversi tipi di sostanze e in balìa di questo difficile percorso chiamato crescita? Pensiamo allo scambio di notizie e di pareri riguardanti l’eticità del proprio comportamento che spesso portano le ragazzine più fragili ad essere vulnerabili e a cadere nella trappola del primo offerente. Di cosa è fatta questa morale creata esclusivamente tra coetanei e non confrontata con altre voci, con altri pensieri, con altre figure? Forse è il caso di interrogarci e di pensare seriamente di stare nei parchetti prima di dover rincorrere ancora una volta i tempi o iniziare pellegrinaggi infiniti.
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