Il caso
Non solo la guerra, non solo l’odio: l’antisemitismo che arriva in autogrill riguarda noi
Non è banale l'episodio avvenuto nel weekend all'autogrill di Lainate, a nord di Milano: un individuo scelto a caso incarna agli occhi dell'aggressore il collettivo degli ebrei, e in quanto tale viene colpito. I dati dicono che nel 2024 i fatti di antisemitismo nel nostro Paese sono triplicati. Leggerci solo una reazione alla guerra a Gaza non basta, come non basta dire che la guerra è solo un pretesto per tornare a far spazio a un odio atavico

Episodi di antisemitismo come quello avvenuto all’autogrill di Lainate preoccupano e inquietano. La vicenda è nota: un ebreo francese, identificabile perché portava la kippah, è stato insultato e aggredito davanti al figlio di sei anni. Il fatto ha attirato l’attenzione dei media, ma ha anche confermato la crescita dei fenomeni di ostilità antiebraica in Italia. L’ultimo Rapporto del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea mostra infatti che nel 2024 i fatti di antisemitismo nel nostro Paese sono triplicati e lo stesso sta avvenendo in tutti i Paesi europei dopo il 7 ottobre 2023, data del tragico attentato terroristico di Hamas e dopo la guerra a Gaza, con le drammatiche conseguenze sotto gli occhi di tutti.
Ancora una volta, la violenza colpisce l’ebreo “collettivo”, una persona scelta a caso per identificare il “nemico”. È insopportabile e angosciante l’idea che, a distanza di ottant’anni dalla Shoah, ancora si scelga un bersaglio singolo, scelto a caso ma che rappresenta un gruppo atavicamente nemico, su cui scaricare la violenza. Ci si chiede perché la coscienza storica e le testimonianze dei sopravvissuti in tutti questi anni non abbiano costruito un argine sufficiente a contrastare l’antisemitismo.
L’odio sembra rimanere sommerso e riemergere in questi momenti di guerra. Gli aggressori, in questo caso indagati per incitamento all’odio razziale, hanno infatti inneggiato alla Palestina libera al grido di “assassini”. Il legame tra gli eventi internazionali e la crescita degli atti razzisti e delle discriminazioni antiebraiche è evidente, e non per la prima volta. Infatti, tutti i report mostrano che nel dopoguerra l’andamento dell’antisemitismo ha seguito le fluttuazioni della situazione internazionale, specie in Medio Oriente, aumentando in occasione di ogni Intifada o delle guerre nell’area, e tornando sommerso nei periodi di calma.
La guerra a Gaza ha dissepolto un odio antico? Sicuramente va detto che l’antisemitismo era aumentato spregevolmente anche nei giorni immediatamente successivi al terribile attentato del 7 ottobre, e prima della reazione israeliana contro Hamas, segno di correnti sotterranee che aspettavano solo un pretesto per tornare più visibili.
Bisogna però stare attenti a come interpretare il collegamento con la guerra a Gaza. Le evidenti e criminali violazioni dei diritti della popolazione civile da parte del governo Netanyahu sono da condannare senza esitazione e così sono da denunciare le intollerabili condizioni dei palestinesi, bambini, donne e uomini in stato di carestia, senza cure, cibo e riparo, in mezzo alla distruzione delle loro città. Ma la reazione a fatti così gravi non può mai giustificare l’attacco a persone inermi, colpevoli solo di essere ebrei. Lo slittamento dalla condanna delle politiche israeliane all’odio verso l’ebreo in quanto tale è intollerabile. Non si può però ignorare il contagio emotivo che ci pervade per le ingiustizie subite dai palestinesi, così come per la drammatica situazione degli ostaggi israeliani innocenti.
Due letture dei fatti opposte sarebbero ambedue fuorvianti. Per la prima, l’odio antiebraico è la “naturale” conseguenza della guerra a Gaza. Gli ebrei sarebbero così vittime di se stessi, dato che si comportano oggi come i nazisti durante l’Olocausto (lo pensa, secondo un’indagine di YouTrend, la metà degli italiani). In questo modo, si riverserebbe sugli ebrei stessi la responsabilità dell’antisemitismo. D’altra parte, anche negare ogni legame tra i fatti internazionali e l’antisemitismo in Europa porta fuori strada: considerare la guerra solo come un pretesto per il risorgere di un odio atavico non basta più.
Siamo tutti corresponsabili e tutti chiamati a denunciare e agire perché sia posta fine alla violenza. L’unica strada è assumersi tutti, non in quanto ebrei, né in quanto cristiani o altro, ma come persone che conservano e difendono l’umanità, la responsabilità della condanna di ogni forma di odio e della ricerca della pace.
Milena Santerini è vicepresidente della Fondazione Memoriale della Shoah. Dal 2020 al 2022 è stata Coordinatrice Nazionale per la lotta contro l’antisemitismo. In apertura, foto di AP Photo/Heather Khalifa
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