Guerra & Industria militare
Non solo «stop alle armi»: ecco cos’è il disarmo concreto di Papa Leone
Sin dalla sua elezione, papa Leone ha indicato la strada della costruzione di una pace positiva che prenda avvio dalla rinuncia alle armi. Una via che va oltre l'etica e in cui la richiesta urgente del «tacciano le armi» è il primo passo. Ecco perché è percorribile

«Bisogna incoraggiare tutti a lasciare le armi, lasciare anche tutto il commercio che c’è dietro ogni guerra. Tante volte con il traffico delle armi le persone diventano solo strumenti senza valori»: sono queste le parole chiare e limpide, quindi non equivocabili, pronunciate da papa Leone alla stampa pochi minuti prima di rientrare in Vaticano dai suoi giorni di vacanza e riposo a Castel Gandolfo. Mentre il mondo continua a precipitare in una situazione sempre più violenta, caotica e conflittuale, papa Prevost continua a ripetere incessantemente il suo richiamo ad una strada di costruzione della pace positiva che prenda avvio dalla rinuncia alle armi. Ribadendo così il suo pieno allineamento con le idee e parole di disarmo pronunciate da papa Francesco durante tutto il suo pontificato.
In diverse occasioni recenti, infatti, il pontefice statunitense ha rilanciato parole di straordinaria chiarezza morale: «tacciano le armi», la guerra «non risolve ma moltiplica i problemi», la produzione di nuove armi è una «veemenza diabolica» che alimenta propaganda e fake news. Denunciando ripetutamente la distruzione di scuole, ospedali, case e chiamando i leader politici globali a sostituire le politiche di riarmo militare con quelle che puntano ad investire su pace, diplomazia e diritti umani.
Papa Leone non si limita però a dichiarazioni generiche ed idealistiche, ma va nel concreto di una denuncia forte nei confronti del commercio globale di armi e della guerra come intrinsecamente distruttivi e moralmente riprovevoli. A fine giugno ha evidenziato la «tentazione delle armi potenti e sofisticate» e ha chiesto di rifiutare questa strada. Citando la costituzione pastorale Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II ha ribadito come nella guerra moderna «vengono utilizzate armi scientifiche di ogni tipo» e che, di conseguenza, «la sua atrocità rischia di condurre i combattenti a una barbarie ben più grave di quella dei tempi passati». Il riarmo e la produzione di armi non sono dunque viste come “emergenze”, ma al contrario – e giustamente – come fenomeni sistemici radicati nell’ingiustizia globale e in priorità economiche sbagliate e negative per i popoli.
Queste affermazioni e idee non sono solo richiami estemporanei e inaspettati, ma iscrivono papa Leone nella lunga tradizione di pontificati impegnati contro la logica della corsa agli armamenti. Non è un caso che Leone ricordi espressamente Francesco nel definire la vendita di armi «la peste più grande del mondo» o Paolo VI che sosteneva come «non si può amare con armi offensive in pugno». Il richiamo continuo, corale, potente tra gli ultimi due papi – Francesco e Leone – non è dunque un’eccezione, ma l’ultimo esempio di una tradizione che risale già Benedetto XV (che definì la prima guerra mondiale «inutile strage»), a Pio XII («nulla è perduto con la pace»), per arrivare a Giovanni XXIII (con l’enciclica Pacem in terris), a Paolo VI («Mai più la guerra!»).
Fin dall’inizio del suo pontificato, Papa Francesco si era collocato su una linea chiara di una pace disarmata e nonviolenta. Già nell’esortazione Evangelii gaudium del 2013 ammoniva che il consumismo e le disuguaglianze economiche alimentano violenza, e che gli armamenti non risolvono la paura ma la amplificano: «In tal modo la disparità sociale genera prima o poi una violenza che la corsa agli armamenti non risolve né risolverà mai», ma «serve solo a cercare di ingannare coloro che reclamano maggiore sicurezza, come se oggi non sapessimo che le armi e la repressione violenta, invece di apportare soluzioni, creano nuovi e peggiori conflitti».

Nel discorso ai Movimenti Popolari del 2014 Papa Francesco ha sottolineato con forza il concetto a lui caro di «terza guerra mondiale combattuta a pezzi»: «ci sono sistemi economici che per sopravvivere devono fare la guerra», fabbricando e vendendo armi a scapito dei più vulnerabili. Nel corso del pontificato ha ripetuto instancabilmente: «La guerra è sempre una sconfitta», e spesso ha esortato i cristiani e i popoli a diventare «artigiani di pace», capaci di coniugare dialogo, giustizia, disarmo e protezione civile.
In tutti questi interventi emerge sempre un appello alla concretezza. Non basta alzare la voce ma serve agire: convertire le spese militari in ospedali, scuole, case… Serve un cambiamento strutturale dell’economia, che sposti le risorse dal mercato dell’armi alla giustizia sociale e al bene comune. I discorsi di Leone mostrano un allineamento esplicito e voluto con questa eredità. In occasione di un incontro diplomatico in Vaticano nel maggio 2025, ha fatto eco alle parole di Francesco: «Non c’è pace senza un vero disarmo», mettendo in guardia contro una spirale di riarmo mascherata da difesa. Ha anche denunciato lo scandalo della fame utilizzata come arma di guerra, lamentando che l’insicurezza alimentare sia sfruttata come tattica di violenza, una prospettiva profondamente convergente con la critica di Francesco all’economia utilizzata come arma. Papa Leone lo ha detto chiaro già a poche settimane dalla sua elezione: «La guerra non è mai inevitabile, le armi possono e devono tacere, perché non risolvono i problemi ma li aumentano; perché passerà alla storia chi seminerà pace, non chi mieterà vittime; perché gli altri non sono anzitutto nemici, ma esseri umani: non cattivi da odiare, ma persone con cui parlare. Rifuggiamo le visioni manichee tipiche delle narrazioni violente, che dividono il mondo in buoni e cattivi».
Dunque Leone XIV sta riaffermando una traiettoria di lunga data impostata da Papa Francesco, il cui insegnamento ha ripetutamente messo in luce l’industria delle armi come una macchina immorale costruita sulla morte e sul profitto. Francesco ha denunciato in moltissime occasioni che «oggi gli investimenti che producono i maggiori profitti sono le fabbriche di armi», definendoli «terribili». Ha insistito sul fatto che gli investimenti in armi sono una «follia», esortando a reindirizzare la ricchezza verso la dignità umana e il bene comune.
Papa Leone XIV si colloca all’interno dell’universo morale di papa Francesco, ma non come un semplice discepolo. In poche settimane infatti è già stato in grado di amplificarne e concretizzarne la portata. Gli interventi di papa Prevost estendono la portata profetica della critica di papa Bergoglio alla guerra e al sanguinoso commercio delle armi, rinnovando al contempo l’appello alla conversione politica e sociale. Non si tratta semplicemente di continuità: è fedeltà e attivazione, che dispiega un magistero coerente in nuove crisi globali, nuove frontiere morali e una rinnovata urgenza per il disarmo, la giustizia e la pace.
Il magistero della Chiesa Cattolica ribadisce un principio che va oltre l’etica: la guerra uccide le possibilità di futuro, le armi rendono il cuore umano follemente cieco, il vero progresso è quello della fraternità non delle bombe.… E oggi, con Papa Leone che rinnova la condanna categorica del riarmo, possiamo dire che non si tratta di un messaggio simbolico, ma della continuazione coerente e permanente del Vangelo della Pace.
Francesco Vignarca è coordinatore delle campagne della Rete italiana pace e disarmo. In apertura, papa Leone (crediti AP Photo/Gregorio Borgia)
Vuoi accedere all'archivio di VITA?
Con un abbonamento annuale potrai sfogliare più di 50 numeri del nostro magazine, da gennaio 2020 ad oggi: ogni numero una storia sempre attuale. Oltre a tutti i contenuti extra come le newsletter tematiche, i podcast, le infografiche e gli approfondimenti.