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Obama conquista Il Cairo

L’atteso discorso nella capitale egiziana non delude le aspettative: questione palestinese, dialogo con l’Islam, lotta all’estremismo, Obama tocca tutti i temi caldi. E incassa 33 applausi

di Redazione

«Un nuovo inizio con l’Islam». Le prime pagine dei giornali dedicano molto spazio al viaggio del presidente. Con editoriali, commenti e analisi. E la registrazione delle reazioni in Medio Oriente, compresa la freddezza del governo Israeliano e l’ostilità dell’Iran.

 

“«Usa e Islam contro gli estremismi»”. Questa frase del discorso di Obama all’università del Cairo è il titolo di apertura del CORRIERE DELLA SERA. «Un nuovo inizio» per spezzare il circolo vizioso di «sospetti e contrasti». E ancora: «combattiamo insieme l’estremismo violento». Sulla Palestina: «l’unica soluzione» sono due stati per due popoli». La situazione dei palestinesi è «intollerabile». Ma il rapporto con Israele rimane «incrollabile». All’interno il pezzo sul discorso intitolato “Obama per un nuovo inizio:«Ho il dovere di combattere l’estremismo violento»” e due analisi. Per il versante israeliano parla l’editorialista Ron Ben-Yishai: «La parte sull’Iran non è piaciuta a nessuno. Ingenua. In medio oriente, non esiste la brava gente che va convinta a usare il nucleare in modo buono: piaccia o no a Obama, qui conta chi ha la forza dalla sua. E poi il parallelo fra la Shoah e la questione palestinese: uno scivolone. Una cosa di cattivo gusto in un discorso che a me, nel complesso, è piaciuto molto». E Poi: «Anche Netanyahu sa che dovrà accettare i due Stati. Gli insediamenti per ora verranno solo congelati». Alessandra Farkas intervista invece Azar Nafisi, scrittrice iraniana trasferitasi negli Stati uniti: “«Dialogare va bene. Ma facciamo luce sui diritti umani»”: «Il discorso di Obama al Cairo mi ha delusa». Non mi è piaciuta «la sua vaghezza. Obama dice di voler riavviare il dialogo con il mondo islamico, eppure non ha indicato nessuna strategia su come farlo…Doveva puntare i riflettori sulle gravi e continue violazioni dei diritti umani in paesi quali Iran, Arabia saudita ed Egitto…Come il segretario di Stato Hillary Clinton ha già dimostrato in Cina, questa amministrazione è pronta a sacrificare i diritti umani sull’altare della realpolitik».

 “Obama all’Islam: è l’ora della pace”: se il titolo di LA REPUBBLICA non lascia dubbi, non lo fa nemmeno il sommario: “Storico discorso al Cairo. «Israele fermi le colonie, uno Stato per i palestinesi». Cinque pagine per raccontare la proposta del presidente Usa: è l’ora di un «nuovo inizio». Il discorso di un’ora è stato interrotto da 33 applausi, in particolare quando Obama ha riconosciuto la necessità di uno stato palestinese e riconosciuto il ruolo dell’Islam nella cultura e nella civiltà mondiali. Il discorso è stato trasmesso in diretta tv e il quotidiano di Ezio Mauro raccoglie alcune reazioni di scrittori (Mohsin Hamid, Marina Nemat, Fatima Mernissi: tutti favorevoli; e  Khaled Al Khamissi, che invece dà un giudizio negativo). Più spazio a David Grossman, intervistato da Pietro Del Re: “Sono parole che vanno al cuore non le sentono AL Qaeda e i coloni”. «La strada che ci indica è la sola per arrivare alla pace in Israele. Le altre le abbiamo provate tutte, da entrambe le parti. Abbiamo provato con la violenza, con le imposizioni, con l’occupazione  e con il terrore». Obama però ha dei nemici in Israele: «sono i nemici della pace, del dialogo e del compromesso. Detto questo, ci sono anche molti israeliani che l’apprezzano. Sono coloro, per esempio, che non ne possono più dell’occupazione dei territori». Bernardo Valli, nel suo commento intitolato “L’incontro di civiltà”, scrive: «Al di là delle contrastanti emozioni immediate, il discorso di Obama è una netta rottura con il passato. Non solo politica. Anche culturale. Lo stile, il linguaggio è cambiato. Pur essendo in questa stagione più diffidente che ricettivo, il mondo musulmano non può non averlo avvertito». Valli nota anche come il richiamo di Obama (due stati) sia condiviso dai suoi collaboratori, in particolare da Rahm Emanuel, capogabinetto del presidente: ha servito nell’esercito israeliano, ha doppio passaporto (americano ed israeliano), molto religioso. «Non ispira certo idee anti israeliane al presidente. Ma considera evidentemente che l’attuale governo di Gerusalemme non porti il paese sulla strada giusta».

IL GIORNALE Dedica le pagine 6 e 7 al discorso di Obama, nel complesso con toni ben poco entusiasti, soprattutto negli articolo di appoggio alla cronaca del discorso (“Barack ti amiamo, Obama conquista Il Cairo” è il titolo della cronaca di Marcello Foa”). L’analisi di Paolo Guzzanti (“Un nuovo inizio con l’islam”. Ma con la carota c’è il bastone”) rileva che «il mondo musulmano con i suoi notabili e intellettuali ascoltava e applaudiva soltanto quei passi in cui Obama dava torto a Israele, ma non quando deprecava la violenza araba e nemmeno quella terrorista dell’11 settembre. Applausi solo all’Obama «che la pensa come noi» e gelo impassibile di fronte alle altre espressioni più complesse con cui il presidente ha dato il via al ciclopico tentativo di rigenerare un legame fra le cosiddette tre religioni del libro riferendosi al Talmud, al Corano e alla Torah, o Bibbia per i cristiani. Questo è piaciuto, e le ovazioni si sono levate altissime e soddisfacenti. Ma non si è mai assistito ad una ovazione bipartisan. E Obama, per far passare negli Stati Uniti la politica del «fresh start», ha un bisogno dannato che il mondo musulmano impari a reagire con uno spirito diverso da quello, pur osannante per certi versi, cui abbiamo assistito ieri al Cairo». Poi un’intervista a Donatella Della Ratta, analista dei media arabi: «Obama è andato oltre le aspettative, ma il suo discorso non basta a convincere il mondo arabo». Un mondo che, secondo Fiamma Nirenstein, Obama non conosce bene: «Sarebbe bello vivere nel mondo disegnato ieri da Obama al Cairo, ma il senso di realtà suggerisce che non sarà possibile. (…) La storia delle due culture è sempre stata conflittuale, e mentre le nostre masse lo hanno dimenticato quelle islamiche invece ne fanno la bandiera di ogni giorno, a scuola, in piazza. (…) Lo scontro con il cristianesimo, poi, è così lungo e profondo che non basterà il viso contrito e deciso di Obama a portare pace. (…) lLattrattiva dei vantaggi della stabilità non ferma l’aspirazione islamica a primeggiare»

LA STAMPA dedica il titolo di apertura a Obama “Un nuovo inizio con l’Islam” e le prime cinque pagine. Il commento di Abraham B. Yehoshua si intititola “L’amico che vorre a fianco”: «Da cosa si riconosce un vero amico? Dal fatto che chi si definisce tale crede e ha fiducia in te, si preoccupa dei tuoi veri bisogni, anche a lungo termine, ti indica onestamente i tuoi errori e cerca di aiutarti a correggerli. Questo è l’amico che vorrei al mio fianco. Non chi approva automaticamente qualunque cosa io faccia, dichiara il suo amore per me e mi accetta così come sono. A partire dalla grande vittoria militare di Israele nel 1967, quando venne respinta la grave minaccia militare rappresentata da Egitto, Siria e Giordania che proclamarono apertamente di volere distruggere lo Stato ebraico e concentrarono grandi eserciti lungo il suo confine, Israele è precipitato in un vortice ideologico e militare innescato dalla conquista di vasti territori durante quel conflitto. (…) È arrivato il momento della verità ed è un bene che un leader saggio e coraggioso quale Barack Obama che (non ne ho alcun dubbio) ancor prima che il rafforzamento della sua nazione agli occhi del mondo musulmano vede il bene di Israele e la sua sicurezza, proclami: basta, voi non fate che del male a voi stessi, danneggiate il vostro futuro. Pur non credendo a una genuina volontà di pace dei palestinesi, alla loro capacità di tenere a bada le organizzazioni terroristiche e a una sincera rinuncia alla pretesa del diritto del ritorno dei profughi, potete sempre garantire la vostra sicurezza grazie a una presenza militare nei territori palestinesi ed evitare di pregiudicare un’eventuale pace e la creazione di due Stati con ulteriori ampliamenti di insediamenti comunque inutili. Con un appello tanto diretto e chiaro al governo israeliano non solo il Presidente statunitense ha espresso ciò che gran parte degli israeliani ha nel cuore ma ha dato prova della sua profonda amicizia con lo Stato ebraico». L’altro commento è affidato al politologo Gilles Kepel “Tre assi di crisi e un compito: invertire la rotta”: «Il Levante, con il conflitto israelo-palestinese e le sue propaggini libano-siriane; il Golfo Persico, con gli idrocarburi e gli antagonismi irano-arabi e sunniti-sciiti; la zona AfPak (Afghanistan-Pakistan), dove l’aumento di potere dei taleban minaccia sia le truppe Nato in Afghanistan sia la coesione dello Stato pakistano».

AVVENIRE apre su “Obama agli islamici: rispetto, libertà, pace”, due pagine di primo piano dedicate al discorso del presidente Usa all’università del Cairo, definito da Giorgio Ferrari, che firma il pezzo di pagina 4 (“Il mondo arabo «spera». Israele sta alla finestra”), come storico, paragonato addirittura all’«Ich bin ein berliner» di Kennedy o all’«I have a dream» di Martin Luther King. Un sondaggio condotto in 22 nazioni da Ipsos/Reuters e riportato dal quotidiano dice che Obama ha accresciuto l’indice di gradimento degli Stati Uniti all’estero del 6% dal suo insediamento alla Casa Bianca. In Turchia, l’unico paese a maggioranza musulmana preso in esame, l’incremento è di 25 punti e si attesta al 49% di pareri favorevoli. Accanto, Bush e Obama a confronto su alcuni punti caldi di politica estera: la corsa iraniana al nucleare; il conflitto in medio oriente; le guerre in Iraq e Afghanistan; la democrazia da esportare. Piccolo richiamo in prima «Obama oggi a Ryad Gaza in agonia aspetta il “cambio di rotta”» per IL MANIFESTO che sceglie di guardare al viaggio di Obama da un punto di vista particolare: il valico di Karem Shalom, territorio dove si incontrano territori di Israele, Egitto e Striscia di Gaza. L’articolo è a piè di pagina esteri, dedicata invece alle dimissioni del ministro degli interni inglese per lo scandalo rimborsi. “Oggi Obama in Medio Oriente, mentre non si ferma l’agoni della Striscia” è il titolo dell’articolo che racconta come le merci passano il valico «solo se in giro non si vedono impiegati dei  ministeri di Hamas e poliziotti. Israele mantiene rapporti solo con l’Anp di Abu Mazen e le procedure di Kerem Shalom vengono gestite da Ramallah (Cisgiordania). Ad avere il controllo del valico è sempre e solo Israele (….)». E si osserva «I prodotti in molti casi non sono quelli più necessari o richiesti dalla popolazione (…) Del cemento per la ricostruzione non c’è neanche l’ombra. Israele lo ha vietato insieme a molti altri prodotti e quel poco che passa per i tunnel sotterranei tra Rafah e l’Egitto non copre neanche il 2-3% della domanda (…) Hamas viene boicottato ma, quanto pare, la comunità internazionale di fatto isola anche l’Anp di Abu Mazen che ha ricevuto solo una frazione dei fondi promessi dagli sponsor occidentali (…)»

“Un nuovo inizio” è la frase del discorso di Obama che ha colpito un po’ tutti e anche il SOLE24ORE la utilizza per il titolo che apre la pagina dedicata alla tappa egiziana del presidente Usa. Superare i sospetti reciproci, rispettare la religione, toni da soft power e «citazioni sacre per tutti» come si nota in un commento a corredo del pezzo: Obama infatti ha chiuso il discorso con citazioni di Bibbia, Corano e Talmud. In taglio basso, le reazioni che più contano: Israele e Iran. Dal governo di Netanyahu c’è freddezza, anzi il SOLE scrive «gelo», cui fa da contraltare l’entusiasmo di Hamas e Abu Mazen. Da Teheran, «la Guida Suprema» Alì Khamenei ha attaccato duramente Obama, chiudendo al dialogo. Ora – conclude il SOLE – Obama va in Germania, dove visiterà Buchenwald e i militari feriti in Afghanistan ospiti dell’ospedale militare Usa della Renania. Altri luoghi dove sono attesi i suoi discorsi. Sempre su Obama segnalo l’editoriale di Gianni Riotta, ovviamente in prima pagina, in cui si dice che «i milioni di musulmani del mondo hanno capito che l’America cambia», non per le origini musulmane del presidente né per le citazioni del Corano, ma per l’assenza della parola «terrorism», senza accenno a complotti né a odio. «Un discorso è un discorso», conclude Riotta, e ora «tocca alla diplomazia, alla politica, alla cultura e – dove occorre alla forza – far largo alla speranza».

«Il profeta Hussein» è il titolo di apertura de IL MANIFESTO. Il discorso del presidente degli Stati Uniti è un momento storico. «Un nuovo inizio» che chiude con lo «scontro di civiltà» e la politica della contrapposizione George W. Bush. Nel suo discorso Obama ha toccato argomenti molto delicati rivoluzionando la posizione Usa su molti argomenti. In un box «Il vocabolario del “nuovo inizio”» viene riproposto l’elenco dei passaggi più significativi. Si va dalla guerra in Iraq definita una scelta da Barack Obama, in contrapposizione con quella Afghana, alla distizione tra Islam Buono e Islam cattivo, senza mai citare il terrorismo, fino all’augurarsi uno stato Palestinese e ad aprire per il nucleare pacifico per l’Iran. Insomma per Il Manifesto l’america oggi è «L’Impero del bene».

 

E inoltre sui giornali di oggi:

DISABILI

AVVENIRE – “Disabili, famiglie più sole per colpa della crisi” (pag. 6). Una pagina dedicata all’allarme lanciato dai centro don Gnocchi sulla fatica dei nuclei famigliari colpiti da handicap, i primi ad essere colpiti dalle conseguenze della recessione. Il 25 giugno, alla presenza del sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella, la Fondazione Don Gnocchi presenterà uno studio su “Disabilità e lavoro, un binomio possibile”. Con la grande ritirata dell’economia, per molte aziende ed enti pubblici è stato sospeso, almeno nel primo semestre del 2009, l’obbligo di assunzione delle persone disabili. L’ufficio politiche della disabilità della Cgil denuncia 15 casi di discriminazione al giorno. Soffre anche la Fondazione dell’angelo dei mutilatini, per un aumento del costo del lavoro del 30% circa e il mancato adeguamento tariffario. Che tuttavia stringe i denti e continua a offrire trattamenti all’avanguardia per la riabilitazione.

SICUREZZA

LA REPUBBLICA – Nuovo stupro a Roma. È una giornalista di 34 che abita alla Bufalotta, quartiere residenziale periferico a nord est della capitale. Rientrando a casa alle due del mattino di mercoledì è stata sorpresa, nel garage, da un uomo incappucciato che l’ha aggredita, violentata e abbandonata. Per due giorni la squadra mobile ha cercato di tener segreto il fatto. Difficile individuare il colpevole: aveva un passamontagna e parlava italiano.

IMMIGRAZIONE

ITALIA OGGI – Chi può entrare in Italia al di fuori dei flussi d’ingresso? Secondo un articolo di ITALIA OGGI al di fuori dei flussi d’ingresso programmati ci sono particolari categorie di lavoratori che possono comunque entrare in Italia con riferimento all’art. 27 comma 1 del T.u. sull’immigrazione. Le modalità, le categorie e le tempistiche nell’articolo in questione pubblicato nella sezione Consulenti del Lavoro.

CORRIERE DELLA SERA – “Berlusconi: Troppi stranieri, Milano sembra l’Africa”. Il premier lo ha detto nel corso del comizio che ha chiuso la campagna elettorale a Milano. Per il CORRIERE è il secondo titolo della giornata. Questa la frase integrale ha ha scatenato l’ovazione dei 2mila del Palaghiaccio: «Camminando in città come Milano pe ril numero di persone non italiane sembra di essere non in una città italiana, ma in una città africana». Per ovviare a questa situazione «inaccettabile», è necessario «procedere con la politica dei respingimenti che ci ha consentito di non far entrare più neppure più un africano in Italia negli ultimi giorni».

 

EUROPEE

IL MANIFESTO – Uno sguardo alle realtà parallele a Pd e Pdl. A sinistra parla Ferrero, segretario del Prc, che rifiuta di essere una frangia estrema del Pd e anzi attacca il partito di centrosinistra da cui prende le distanze accusandolo di non aver mai fatto opposizione. A destra si parla della Lega, che si prepara a conquistare l’Emilia, storico baluardo rosso, dove ha raccolto consensi importanti e si analizza il enomeno per cui l’elettorato rosso un po’ dappertutto passi al verde padano.

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