«Due ragazzi seduti in un bar discutono di politica, del futuro, insomma della vita, nella routine di una partita di backgammon davanti una tazza di tè accompagnata dal fumo inebriante della shisha (il narghilé), ed uno dice all’altro: «Cos’hai? Ti trovo giù di corda!». L’altro gli risponde: «Mi sono laureato da dieci anni ed ora ho 35 anni, sono disoccupato, prendo la “paghetta” dalla pensione di mio padre, non riesco a mettere da parte nulla per sposarmi, sono qui a giocare tutto il giorno con te a backgammon e tu mi chiedi perché sarei giù di corda?». L’amico gli risponde con nonchalance: «Tranquillo? ci sarà dietro Israele».
Questa è una piccola gag che racchiude una realtà piena di incertezze ed ostacoli, che dimostra che, quando non si è in grado di cambiare lo status attorno a noi, allora è più conveniente scaricarle su qualcun altro. Infatti provate a chiedere ad un arabo di chi è la colpa delle traversie che sussistono in tutto il Medio Oriente? la risposta sarà univoca e diretta: Israele, a maggior ragione se lo chiedeste ad un egiziano.
Sappiamo benissimo storicamente come sono andate le cose tra i due Stati e come è finita, ma nonostante ciò, la “guerra fredda” e mediatica non si sono affatto esaurite. Israele è il capro espiatorio del mondo arabo ma è curioso notare come questa avversione si è trasformata in gioco.
In questo caso la fantasia degli egiziani supera di gran lunga la realtà, per esempio se il prezzo del pane aumenta, beh la colpa è di Israele; se si è estesa l’epatite, sicuramente sarà Israele ad aver diffuso il virus; se invece non ho libertà di parola, di voto? be’ qui passo. Un altro modo di esprimere il proprio fastidio consiste nel comporre poemi folk trasformati in canzonette e ballate. La star in questo campo è il noto cantante popolare Shaaban Abdel Rahim, molto apprezzato anche dal figlio maggiore del rais Mubarak. Se da un lato gli argomenti utilizzati sembrano banali e scontati, dall’altro in maniera molto velata vengono citati gli ostacoli che la comunità deve superare giorno dopo giorno per sopravvivere, il tutto ovviamente in chiave ironica. Gli egiziani stessi infatti stanno iniziando a capire che se tutt’ora persistono dei problemi, tutta la colpa non è dello Stato ebraico. Eppure la pratica di esorcizzare il malessere socio-economico con il solito spauracchio persiste. Del resto è il modo più semplice per distogliere l’attenzione dalle difficoltà.
Nonostante questa diffidenza di fondo tra ebrei e musulmani (ma non dimentichiamo che prima di essere una questione tra religioni era ed è un problema tra nazioni), non voglio credere che ciascuno di noi, preso singolarmente, se trovasse l’altro in difficoltà non si comporterebbe con etica e con rigore anche se si trattasse del suo nemico più acerrimo. A volte a frenare le nostre buone intenzioni sono il pensare male delle reazioni altrui, quindi smettiamola di arrovellarci e per una volta agiamo. Punto e basta.
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