Welfare

Olivetti: quando vedo le vostre luci accese

di Redazione

Il 25 febbraio ricorrono i 50 anni dalla morte di Adriano Olivetti, ne parleremo sul prossimo numero. Intanto vi proponiamo questa stupenda pagina dal discorso ai dipendenti a Natale 1955.

Fin dal tempo che studiavo al Politecnico di Torino, i mattoni rossi della fabbrica mi incutevano un timore e avevo paura del giudizio degli uomini che passavano lunghe ore alle macchine quando io invece disponevo liberamente del mio tempo. Ora che ho lavorato tanti anni con voi, non posso lo stesso dimenticare e accettare le differenze sociali che come una situazione da riscattare, una pesante responsabilità piena di doveri. Talvolta, quando sosto brevemente la sera e dai miei uffici vedo le finestre illuminate degli operai che fanno il doppio turno alle tornerie automatiche, mi viene voglia di sostare, di andare a porgere un saluto pieno di riconoscenza a quei lavoratori attaccati a quelle macchine che io conosco da tanti anni… Tutta la mia vita e la mia opera testimoniano anche – io lo spero – la fedeltà a un ammonimento severo che mio Padre quando incominciai il mio lavoro ebbe a farmi: «Ricordati – mi disse – che la disoccupazione è la malattia mortale della società moderna; perciò ti affido una consegna: tu devi lottare con ogni mezzo affinché gli operai di questa fabbrica non abbiano da subire il tragico peso dell’ozio forzato, della miseria avvilente che si accompagna alla perdita del lavoro». E il lavoro dovrebbe essere una grande gioia ed è ancora per molti tormento, tormento di non averlo, di fare un lavoro che non serva e non giovi a un nobile scopo.

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