Welfare

opera nomadi nella bufera:è guerra fra rom e gagé Una parte del consiglio nazionale ha sfiduciato Massimo Converso, in sella da sette anni. E ora chiede l’elezione di un presidente rom di Sara De Carli

associazioni In pole position la candidatura di Bezzecchi

di Redazione

Un presidente rom. Potrebbe averlo presto Opera nomadi, l’associazione che da quarant’anni in Italia si occupa dei diritti e dei problemi di rom e sinti. Una prima volta a cui si arriverà, in ogni caso, con un percorso traumatico: il 24 febbraio una parte consistente del consiglio nazionale di Opera nomadi ha spedito al presidente Massimo Converso una lettera in cui chiede la convocazione del consiglio per il 15 marzo, con l’obiettivo, dice l’ordine del giorno, di sfiduciare il presidente. Una mossa sottoscritta da 7 membri su 15 del consiglio, tra cui le tutte cariche principali: i due vicepresidenti, Giorgio Bezzecchi e Maurizio Pagani, e la segretaria nazionale, Renata Paolucci.
Proprio Giorgio Bezzecchi, 47 anni, lombardo, rom, consulente dell’ufficio Nomadi del Comune di Milano, potrebbe essere il prossimo presidente. «Nel direttivo ci sono ben quattro persone papabili», si schernisce Bezzecchi. «Oltre a me ci sono Arif Tahiri, Cizmic Kazim e Bianco Pavan. I tempi per avere un presidente rom o sinto sono maturi: le nostre comunità hanno sempre patito il fatto di essere disconosciute, ma ultimamente l’esigenza si è fatta improrogabile, e allo stesso tempo abbiamo un buon numero di persone competenti, con un percorso scolastico adeguato, su cui investire. Perché è chiaro che non basta essere rom per essere interlocutori autorevoli». I primi obiettivi, che alla presidenza ci arrivi lui o uno degli altri tre, saranno il riconoscimento di rom e sinti come minoranze culturali e linguistiche e il rifinanziamento delle leggi regionali a tutela delle popolazioni nomadi: «Quella della Lombardia, per esempio, non viene rifinanziata dal 1997».
A spiegare i motivi della sfiducia contro il presidente Converso, a sette anni dalla sua nomina, è Maurizio Pagani: parla di una «gestione autoreferenziale che ha condotto Opera nomadi a un deleterio isolazionismo», di un «deficit di rappresentanza dei rom e sinti», di una «sempre più difficile partecipazione interna», di un «grave immobilismo dell’associazione, che deve essere superato», di un «protagonismo che ha creato inutili tensioni fra chi si occupa di rom». Un esempio? La conferenza internazionale voluta dai ministri Amato e Ferrero, che Converso ha disertato.
Il presidente in sella non pare preoccupato dall’ammutinamento ed è anzi certo che il 15 marzo non cambierà nulla: «Si è appena tenuto il nostro seminario nazionale e tutte le sezioni erano presenti», dice. «Non sempre le segreterie rappresentano la base delle associazioni. In questo caso non rappresentano neanche un terzo della base».

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