Cultura
Orrore globale
A 3 anni dal crollo delle due torri il mondo vive nell'orrore. Quello dei rapimenti, dei genocidi, della guerra, degli attentati. In anteprima stralci dell'intervista a Sandro Calvani, Nazioni Unite
di Redazione

In occasione dell’11 settembre, a tre anni di distanza dal crollo delle Twin Towers, vi proponiamo in anteprima stralci dell’intervista in esclusiva a Sandro Calvani, a capo del Programma antidroga dell?Onu in Colombia. Da 30 anni per le Nazioni Unite Calvani ha girato tutti i punti caldi del pianeta. Con lui e insieme a lui cogliamo l’occasione di riflettere su quanto sta accadendo, in occasione di un altra tragico anniversario, quello del genecidio in Rwanda di 10 anni fa. Per il ricordare il quale, da domenica 12 settembre, partirà in Italia la tournée dello spettacolo Rwanda94. A Palermo, infatti, alle ore 17:30 al Teatro Politeama va di scena la prima di uno spettacolo creato da Groupov per ricordare il genocidio del Rwanda.
La catastrofe dietro l?angolo
Intervista a Sandro Calvani
DI Paolo Manzo
A guardarlo bene, Sandro Calvani avrebbe potuto fare benissimo il professore: occhialini, voce pacata, pelata saggia, di quelle che danno fiducia. «In effetti, se fossi rimasto in Italia, probabilmente sarei diventato titolare di cattedra. La dottoressa che contribuì alla mia tesi, di tre anni più vecchia di me, è diventata ordinaria lo scorso anno. Per fortuna ho deciso di andarmene negli States, a 24 anni, poco meno di 30 anni fa».
Precursore della fuga dei cervelli di cui tanto si parla oggi, questo ex assistente dell?università di Genova si specializzò in Gestione delle emergenze sanitarie in grandi popolazioni a Lovanio, in Ecologia delle comunità rurali alla Colorado State University e in Gestione dello sviluppo e dei conflitti ad Harvard. Dal 1980 al 1988 Calvani coordinò gli aiuti internazionali della Caritas per passare poi al Palazzo di vetro: prima come direttore dell?Oms per l?Africa, poi come coordinatore del gruppo di lavoro di otto agenzie delle Nazioni Unite sull?Hiv-Aids per l?Asia e il Pacifico, infine a capo del Programma Onu per la droga e il crimine. Con sede a Bogotà, Colombia. Un vero cervello in fuga. Che ha scritto ben 17 libri sul tema della globalizzazione e sui suoi lati oscuri, (l?ultimo per Sperling & Kupfer intitolato Saccheggio globale – La nuova criminalità nel mondo senza frontiere), che su Vita ha una rubrica settimanale lettissima (Monópoli globale) e che è venuto a visitare la nostra redazione in uno dei suoi pochi momenti di libertà. Per parlare di come va il mondo, fuori dai denti, perché, precisa subito, «le opinioni espresse in quest?intervista non rappresentano necessariamente l?opinione delle Nazioni Unite. Sono le mie, punto e basta». Meglio così.
Vita: Iniziamo dalla fine: da un anno circa lei si è trasferito a Bogotà. Che realtà ha incontrato?
Sandro Calvani: In Colombia oltre la metà dei dipartimenti (equivalenti alle nostre regioni, ndr) non è governata, nel senso in cui lo intendiamo comunemente noi europei. Due settimane fa, per esempio, ero nel dipartimento del Guaviare, nel sud del Paese: 80mila persone con 12 medici? Il colmo è che uno di loro, un bravo medico di quelli che andavano in moto a vedere tutte le famiglie di tutti i villaggi sotto il controllo della Farc, è stato eletto governatore. E, quindi, ora ci sono 11 medici per 80mila persone. Senza ricordare che non c?è un dentista nel Guaviare, né un?ostetrica, né un ginecologo.
Vita: Insomma, il governatore c?è, ma manca un governo degno di essere considerato tale?
Calvani: Esattamente: pensare che il governo esista solo perché c?è un posto di polizia e un governatore, significa dare per buone le norme che abbiamo noi in Occidente. Ma in Colombia la situazione è un po? differente. Pensi che mesi fa sono stato fermato da un commando di guerriglieri della Farc. Primo: erano tutte donne. Secondo: non volevano rubarmi l?auto, ma bruciarmela, per protestare contro il sistema. Terzo: quando ho cercato di spiegare loro chi ero ho rischiato molto con l?assonanza, in spagnolo, tra Naciones Unidas ed Estados Unidos.
Vita: Ma poi hanno capito?
Calvani: Diciamo che l?ho sfangata, e ho pure salvato la macchina. Ma mi sono reso conto di una cosa che mi ha fatto pensare: nessuna delle guerrigliere della Farc sapeva che esistessero le Nazioni Unite.
Vita: Molti criticano l?Onu. Lei che idea s?è fatto?
Calvani: Quando la carta delle Nazioni Unite fu scritta, aveva una grandissima dimensione di speranza, sogno, visione e leadership. Molti di quei sogni non è stato possibile realizzarli a causa della Guerra fredda. Dopo il 1989 il conflitto ideologico diminuì ma oggi, a causa delle vicende post 11 settembre, con le guerre in Afghanistan e Iraq, tutto il mondo dice: ci vogliono delle altre Nazioni Unite. Io, invece, non credo ci voglia un altro Onu rispetto a quello pensato ab origine. Anche se ci sono componenti anacronistiche sul piano storico dello statuto.
Vita: Cosa dovrebbe essere cambiato, secondo Sandro Calvani, del Palazzo di vetro?
Calvani: I cinque membri del Consiglio di sicurezza con diritto di veto e le forme di voto dell?Assemblea. E non sono solo io a dirlo: molti amici del Segretariato la pensano allo stesso modo.
Vita: In Italia uno dei temi caldi è proprio la riforma dell?Onu. Lei che fa parte del Segretariato, fianco a fianco con Annan, come giudica le varie ipotesi di riforma che si stanno discutendo, da una decina d?anni a questa parte?
Calvani: Il principio sacro dell?Onu, un Paese un voto, scricchiola parecchio. Sa, non è molto democratico. È come dire, in un grande condominio, dove chiunque abbia un garage pesa come il proprietario del supermercato. È ovvio che l?assemblea condominiale finisce a pugni… Attualmente è la situazione che abbiamo all?Onu, dove ogni abitante di San Marino conta 50mila volte un abitante della Cina, ed è chiaro che Pechino non sia d?accordo con questo privilegio. Ma non c?è solo la repubblica del Titano, anzi, le eccezioni sono la maggioranza. Pensi a Timor Est che si separa dall?Indonesia con i suoi 200mila abitanti e ha diritto a un voto, come l?Indonesia, che di abitanti ne ha 220 milioni?
Vita: Sì, ma quali sono le riforme possibili, di cui s?inizierà a discutere da ottobre a New York?
Calvani: Esistono varie formule per ottenere più democrazia all?Onu. Una è il sistema a punti, come per la patente.
Vita: Come funzionerebbe?
Calvani: L?Onu ha regole e leggi, per cui i Paesi che non rispettano le sue risoluzioni perdono punti e, alla fine, uno Stato membro si potrebbe ritrovare senza diritto al voto in Assemblea generale, perché non ha rispettato le leggi. Oggi abbiamo una serie di trattati internazionali firmati e non rispettati che fanno perdere credibilità a tutto il sistema Onu: la proposta con il voto a punti aiuterebbe a recuperarla. Altra riforma al vaglio per aumentare la democraticità dell?Onu è l?introduzione di un sistema bicamerale: oggi c?è solo un?assemblea di governi e la seconda Camera potrebbe essere eletta direttamente dai popoli. Magari con la metodologia – che a me piace molto – della democrazia della radice quadrata.
Vita: Calvani, ci mancava solo la matematica?
Calvani: Ma no, è semplice. Il sistema inventato da Johan Galtung prevede che, ogni milione di persone, un Paese abbia diritto a un seggio con relativo voto. I Paesi che non arrivano a un milione di persone si devono associare, mentre quelli che superano il milione di persone vedrebbero i loro voti ponderati con la radice quadrata. Con questo metodo la Cina avrebbe 33 seggi alla Camera dei popoli dell?Onu e l?Italia otto, ma assieme a Francia e Germania avrebbe tanti rappresentanti come Pechino. Ciò permetterebbe un sistema internazionale più bilanciato.
Vita: C?è anche chi propone un sistema tipo Banca mondiale, coi voti collegati al contributo dei Paesi membri al bilancio Onu…
Calvani: Sì, ma è un sistema a rischio, perché i ricchi sarebbero molto più potenti degli altri. Comunque tutte le proposte sono sul tavolo, c?è un comitato di esperti nominato da Annan che le discuterà da ottobre e, in teoria, entro tre anni si dovrebbe arrivare a un accordo. La commissione è aperta a tutti i Paesi e noi del Segretariato siamo abbastanza ottimisti e uniti attorno ad Annan, che vorrebbe approvare la riforma prima di andarsene, alla fine del 2005. Anche se in molti Paesi membri non c?è uguale fretta e consenso.
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