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Ouagadougou il cinema è tutto una festa

È una kermesse con poche regole e molta vitalità, a cui partecipano centinaia di registi, in concorso e no (di Damien Glez).

di Redazione

Non sbarcate troppo in ritardo a una proiezione del Fespaco, il Festival del cinema panafricano a Ouagadougou. Al Ciné Burkina, anche se lo spettacolo non rispetta neppur approssimativamente l?orario, vi sarà impossibile trovare un posto a sedere.
Dal 26 febbraio al 5 marzo, la biennale del cinema africano attira le folle in questa sala climatizzata. Di solito, vi si danno appuntamento autoctoni e cinefili di passaggio. In alcune sere, vi proiettano La notte della verità, primo lungometraggio di Fanta Nacro, che evoca la difficile riconciliazione dopo una guerra civile. A due isolati, è sotto un chiaro di luna che il pubblico si gusta Sotto un chiaro di luna, altra opera prima di un?altra cineasta africana alle prime armi, Appoline Touré.
Come nella maggior parte delle sale ouagalaises, il Ciné Oubri è a cielo aperto, con conforto rudimentale ma con ingressi a prezzi stracciati. Poco importa la qualità del suono, la durezza del banco (già, di poltrone non se ne parla proprio) o l?assenza di cornetti Algida, il clima festoso è garantito. Dopo lunghe e ossessive scene, il pubblico di La notte della verità, vede il presidente di un Paese fittizio fare fuori la propria moglie per salvare la pace. Quasi liberata dal peso della drammaturgia, con ogni probabilità la sala del cinema esploderà di gioia. Letteralmente.
In Africa, infatti, si applaude al cinema come se gli attori potessero sentire il pubblico. Si urla, si fischia, si lanciano persino dei consigli all?eroe di un film già visto cinque volte. E mentre i titoli di coda sfilano nell?indifferenza generale, gli spettatori uscenti si mescolano allegramente nella fila in attesa dello spettacolo successivo. Nella confusione, si vedono volare scarpe con i loro proprietari travolti dal flusso incontrollabile di festivalieri diretti in bar resi stracolmi da un?orchestra indiavolata.
A Ouagadougou, niente sfilate compassate, né jet set giunto per testare la propria popolarità con i paparazzi. Specchio del cinema dell?Africa nera, il Fespaco ha le qualità dei suoi difetti. Il casino infastidisce giornalisti arrivati con ritardo secolare? Gli invitati sono alloggiati che più peggio non si può? Nessuno smentisce, ma il clima da ?grosso villaggio? rende Ouagadougou ancor più seducente. Gli attori sfiorano spesso l?amatoriale? Certo, ma è solo perché sono loro stessi amatori della settima arte. In La notte della verità il ruolo del colonnello Théo è ricoperto dal comandante Moussa Cissé, militare distaccato dallo Stato maggiore. E, tutto sommato, la sua rigidità naturale e i suoi dialoghi così teatrali gli conferiscono un che di autenticità. Con buona pace della raffinatezza artistica. Perché visto con un occhio più attento, l?esercito dimostra la sua volontà di partecipare a un film che fa a pezzi i regimi militari come se fosse per una causa nazionale.
Al di là della bisboccia che regna nelle ?macchie? del festival, questa 19ma edizione sarà quella del renouveau popolare delle immagini ?made in Africa?. Alleggerendo i budget in fase di produzione, la rivoluzione digitale ha contemporaneamente influito il contenuto stesso delle opere. L?obiettivo ultimo del regista non è più l?audience di un canale intellettuale occidentale. Oramai, i film possono diventare redditizi in sala. Finita l?era del ?cinema calebassa?.
Si credeva che le sitcom uccidessero il cinema, ma almeno qui da noi non hanno affatto ucciso la settima arte. Dopo il boom delle produzioni televisive africane anglofone e poi francofone, i film digitali sono pronti per il grande schermo. Al menu: la storia di un ex combattente che assomiglia al nostro zio (Tassuma), un ersatz di thriller che si svolge in strade a noi familiari (Traque à Ouaga) oppure un pamphlet politico che vi rigetta in faccia un passato sin troppo presente.
Al diavolo la logistica del festival. Anzi, meglio così. La Mostra di Ouagadougou non sarà ascetizzata domani. Né tantomeno sacrificata allo snobismo.

Damien Glez

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