Rapporto Istat

Paradosso Italia: l’economia cresce, la povertà pure

L'istituto di statistica dipinge un Paese diviso: occupazione in aumento e inflazione in calo, ma quasi 6 milioni di italiani vivono in povertà assoluta e più di un quinto della popolazione è a rischio. L'Alleanza contro la povertà denuncia: «Una crisi strutturale»

di Francesco Crippa

È un’Italia a due velocità quella fotografata dall’Istat nel suo Rapporto annuale sulla situazione del Paese. Da un lato ci sono un’economia che si espande (anche se a ritmo moderato), un’occupazione che sale, un potere d’acquisto che cresce parzialmente, un’inflazione che cala. Dall’altro, una povertà che non si riesce a eradicare e che quindi è sempre più endemica.

«L’Istat conferma ciò che denunciamo da anni: in Italia la povertà è una crisi strutturale», afferma non a caso Antonio Russo, portavoce dell’Alleanza contro la povertà in Italia. «La popolazione è sempre più anziana, gli anziani sono sempre più soli e le famiglie con figli sono quelle che soffrono di più. Addirittura, un italiano su 10 rinuncia a curarsi, tanti per motivi economici, in un sistema sanitario pubblico al collasso che spinge sempre più verso la salute a pagamento». 

Quasi un cittadino su tre vive in povertà assoluta o è a rischio

Le persone in povertà assoluta sono 5,7 milioni, praticamente un italiano su dieci. «La percentuale è – oserei dire – da brivido: senza alcun miglioramento significativo rispetto agli ultimi anni», sottolinea Russo. «Ed è proprio Istat a mostrare chiaramente come la crescita sia stata costante: rispetto al 2014, l’incidenza della povertà assoluta è aumentata di 2,2 punti percentuali a livello familiare e di 2,8 punti a livello individuale. Particolarmente allarmante è la condizione delle famiglie con minori, tra cui l’incidenza arriva al 12,4%, con un incremento di oltre 4 punti rispetto a dieci anni fa». Di conseguenza, sono 1,3 i milioni di minori che vivono in povertà assoluta in Italia: «è evidente che l’efficacia delle misure di contrasto messe in campo è troppo limitata: stiamo affrontando la povertà con strumenti inadeguati rispetto alla portata di questo fenomeno, sottovalutando forse l’impatto che questi numeri hanno e avranno sul nostro Paese e sulla vita quotidiana di chi lo abita».

Non solo. A crescere è anche la percentuale di persone che, pur non vivendo al di sotto della soglia di povertà assoluta, corrono il forte rischio di caderci: si tratta di più di un quinto della popolazione (il 23,1%, ma al Sud ci sono picchi che sfiorano il 40%). «Il rischio è minore per le coppie senza figli, soprattutto se la persona di riferimento della famiglia ha almeno 65 anni (15,6%), mentre raddoppia per gli individui che vivono in famiglie in cui il principale percettore di reddito ha meno di 35 anni (30,5%)», nota ancora il portavoce di Alleanza contro la povertà. Combinando i due dati, emerge che le persone che vivono in povertà assoluta o che ne sono a rischio rappresentano il 32,8% della popolazione, quasi un cittadino su tre.

Gli stranieri sono più a rischio

Se si stringe l’obiettivo solo sugli stranieri, lo scatto è ancora più drammatico: nel 2023, l’incidenza della povertà assoluta ha riguardato circa 569mila famiglie di soli cittadini non italiani, il 35,1% del totale. «Le politiche socio-sanitarie ed economiche devono intrecciarsi e integrarsi, per mettere in atto quell’inclusione che per il nostro Paese è un dovere costituzionale: lasciare che vivano in povertà migliaia di famiglie arrivate in Italia cercando un futuro migliore non è degno di un Paese civile e democratico», ammonisce Russo.

Cresce l’occupazione, ma c’è tanto lavoro povero

Per quanto riguarda il lavoro, sebbene l’occupazione sia in aumento, rimane problematico il fenomeno del lavoro a basso reddito. «L’Istat conferma ciò che abbiamo più volte evidenziato: il lavoro di qualità, stabile, sicuro e ben retribuito continua a rappresentare una leva importante per la fuoriuscita dalla condizione di marginalità», dice Russo. Tuttavia, nel 2023 il 21,0% dei lavoratori è risultato essere a rischio di lavoro a basso reddito, col dato che è più alto per le donne (26,6%) e più basso per gli uomini (16,8%). «Anche questo è inaccettabile in una Repubblica fondata sul lavoro, dove di fatto vivono circa 1,2 milioni di lavoratori poveri. Dobbiamo affrontare la questione del lavoro povero con determinazione: serve una riforma del lavoro che garantisca salari dignitosi, stabilità e tutela dei diritti».

Le misure di contrasto a questa crisi strutturale, però, devono essere universali, perché la povertà economica è causa ed effetto di altre situazioni di fragilità e marginalità. «Chiediamo al governo un incontro urgente, per poter mettere sul tavolo le questioni, esaminarle lucidamente e mettere a punto, insieme, strategie efficaci. Noi siamo pronti a fare la nostra parte», conclude Russo.

In apertura: Nicola Barts via Pexels

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