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Partito democratico, i vecchibdirigenti si facciano da parte

di Redazione

G li avvenimenti di queste ultime settimane hanno creato tra i militanti del Pd stati di avvilimento e depressione. Molti si chiedono se si sia toccato il fondo, altri si chiudono in un silenzio attonito. Il continuo svilupparsi di diatribe interne alla Direzione nazionale, spesso sostenute da personalismi o vecchi rancori di chi proviene, come la quasi totalità dei dirigenti, dai due partiti Ds e Margherita, fa il resto. Questa, secondo noi, è la punta dell’iceberg che nasconde la drammaticità del problema di fondo, ossia la mancanza di un reale progetto riformista solidale, basato su una nuova idea di Paese, suffragata e sostenuta da una nuova classe dirigente che integri realmente quella che – ormai possiamo dire – proviene da un’altra Era. Il riformismo, senza una nuova idea di Paese ed una nuova classe dirigente, rimane purtroppo una parola vuota che non fa più presa sull’elettorato in generale, ma meno che mai su quello del Pd. Per innovare, però, ci vuole coraggio. Il coraggio di contrastare i molti conservatorismi e rendite che ancora si annidano nel Pd. Non basta rispondere con episodici “No” alle proposte spesso sgangherate della destra che colpiscono l’immaginario. Il momento drammatico di crisi economica porterà non solo ad un aumento del tasso di disoccupazione, ma anche alla cancellazione di moltissimi posti di lavoro. Il nuovo partito ed il nuovo riformismo dovrebbero alimentarsi con proposte programmatiche di largo respiro. Nel lavoro sarebbe necessario rivoluzionare tutto l’attuale sistema contrattuale; nel settore universitario sarebbero necessari interventi profondi. Bisognerebbe avere il coraggio di innovare anche nel settore della sicurezza e nella giustizia. Si potrebbe continuare a lungo, ma quello che è chiaro è che bisognerebbe creare le condizioni perché si percepisca che il Pd ha un progetto realmente riformista di sinistra ed una classe dirigente nuova per attuarlo. Credo, quindi, che sia sempre più necessaria ed urgente una Conferenza programmatica che affronti globalmente questi problemi. Se la Conferenza programmatica prevista ai primi dell’anno saprà rispondere a queste domande, il Pd avrà un futuro. Se, invece, la Conferenza si trasformerà in una resa dei conti tra le vecchie anime del Pd, lo stesso Pd potrebbe essere a rischio di implosione. Noi che non proveniamo dalle strutture partitiche preesistenti, ancora ci ostiniamo a pensare che il Pd abbia un futuro.

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