Non profit
Patron
Una parola, due significati. Opposti. Sorprendente quanto cambi il peso specifico di un termine a seconda che si parli di sport o di finanza.
di Alter Ego
Da una suggestione di Francesco Maggio, epico redattore economico di questo settimanale. Uno che con i patron e tra i patron ci si deve districare ogni giorno. Suggestione sensata, oltremodo. Perché oggi patron è un?espressione usata in circostanze diverse, fra le più svariate e a volte sideralmente opposte tra di loro. Per esempio: se uno legge Repubblica trova spesso che patron è il presidente di una squadra di calcio. Non il presidente operaio, ma il presidente proprietario, alla Gazzoni Frascara, (patron del Bologna), alla Cragnotti (della Lazio, anche se non si sa se lo è ancora), alla Cecchi Gori (patron della Fiorentina, quando ancora lo era). La filologia, però, qui non aiuta perché anche il presidente operaio Berlusconi è in questo senso, per così dire, calcistico, patron del Milan: perché oltre a presiederlo, a tifarlo e a dirigerlo, lo possiede materialmente, nel senso che gli appartiene. Patron, è un termine positivo.
Ma per i patron i tempi sembrano essere davvero duri. Perché se dalle pagine di sport risaliamo a quelle finanziarie, scopriamo che non solo il patron cambia segno, ma lo fa cambiare anche a quelli che calcisticamente erano positivi. Ovvero i Cragnotti, i Cecchi Gori, i Berlusconi. Alla luce di Calisto Tanzi, crudele patron della Parmalat, tutti i patron diventano oscuri, infidi, criminosi. Che vuol dire, dunque, patron? Padrone giusto o severo? Principe illuminato o despota? Che cosa vuol dire patron? E chi è, anzi cosa è il patron? Sarà mica il patron all?italiana, che cambia a seconda delle sue vicende? La domanda, Francesco, mi tiene sveglio di notte.
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