Mondo
Pena di morte: negli Usa processo alle esecuzioni
Nuove ricerche scientifiche sostengono che chi muore d'iniezione letale puo' essere cosciente fino all'ultimo, anche se paralizzato, sul lettino del boia
di Redazione
Le esecuzioni finiscono sul banco degli imputati negli Usa, con un’accusa da film horror: nuove ricerche scientifiche sostengono che chi muore d’iniezione letale puo’ essere cosciente fino all’ultimo, anche se paralizzato, sul lettino del boia. Una corte del Kentucky ha cominciato ad analizzare oggi i dubbi che esistono sugli anestetici utilizzati nella camera della morte, nel tentativo di stabilire se la pena capitale sia o meno in regola con la Costituzione, che vieta punizioni ‘crudeli’. A sostegno degli avvocati di due detenuti del Kentucky che cercano di evitare l’esecuzione, sono arrivati nei giorni scorsi i risultati di uno studio pubblicato sulla rivista medica britannica Lancet. Un gruppo di ricercatori dell’Universita’ di Miami ha analizzato le autopsie di 49 detenuti morti di iniezione letale in quattro dei 37 stati degli Usa che utilizzano questo metodo. Secondo gli scienziati, in 43 casi la concentrazione nel sangue delle sostanze utilizzate per l’anestesia sarebbe stata inferiore a quella richiesta in una normale sala operatoria. In 21 di questi casi, ci sarebbe stato cosi’ poco anestetico che nel caso di un intervento chirurgico, il paziente sarebbe stato in grado di rispondere a comandi verbali. Visto che nelle esecuzioni viene utilizzata anche una sostanza che serve per paralizzare il detenuto, secondo lo studio di Lancet e’ plausibile pensare che ci siano stati casi di detenuti morti mentre erano pienamente coscienti, ma incapaci di comunicare. La teoria non e’ nuova e dal 1988 almeno 17 tra stati e corti federali hanno respinto richieste dei difensori di giudicare ‘crudele’ e incostituzionale la pena di morte. Ma i nuovi studi, secondo gli esperti, sarebbero i piu’ approfonditi fatti fino adora e sembrano offrire nuove armi in particolare agli avvocati di Ralph Baze e Thomas Clyde, i due detenuti del Kentucky che cercano di sfuggire al boia ricorrendo alla scienza. L’esito del processo in Kentucky, quale che sia, arrivera’ troppo tardi per altri due detenuti che in Texas dovrebbero morire uno dopo l’altro nella stessa sera, in una rara duplice esecuzione. Il primo a straiarsi sul lettino nel carcere texano di Huntsville sara’ Douglas Roberts, 42 anni, condannato per il sequestro e l’omicidio di un uomo nel 1996. Dopo di lui, tocchera’ al ventiseienne Milton Mathis, colpevole di aver ucciso due uomini e ferito una ragazzina di 15 anni nel 1998. L’articolo di Lancet e’ entrato a far parte del fascicolo processuale a Frankfort, in Kentucky, che gia’ si basava su studi compiuti sull’autopsia eseguita dopo la morte di Edward Harper, l’ultima persona giustiziata nello stato nel 1999. I legali di Baze e Clyde stanno cercando di seguire un approccio al problema delle esecuzioni ‘crudeli’ diverso da un recente caso giudiziario del Tennessee, nel quale sotto accusa era stato messo il bromuro di pancuronium, la seconda delle tre sostanze che vengono iniettate ai condannati a morte: si tratta di un paralizzante, che precede l’arrivo nelle vene del cloruro di potassio, incaricato di provocare l’arresto cardiaco fatale. Nella causa in Kentucky, cosi’ come nello studio pubblicato da Lancet, l’attenzione si e’ invece concentrata sul primo liquido dell’iniezione, il sodio tiopentale, un barbiturico che serve a far perdere conoscenza al condannato. ”Sappiamo che occorre una certa quantita’ di questa sostanza nel sangue per addormentarsi – ha spiegato il dottor David Lubarsky, uno degli anestesisti di Miami che ha firmato lo studio – e quando abbiamo misurato la concentrazione di questo farmaco nel sangue poco dopo che la persona era stata uccisa, abbiamo visto che non era abbastanza”. La tesi dell’equipe della Florida viene contestata da altri esperti in anestesia come Mark Dershwitz, dell’Universita’ del Massachusetts, che ha deposto in questi anni in vari processi per sostenere che l’iniezione letale e’ ‘sicura’ dal punto di vista dei diritti del detenuto. A suo avviso, le quantita’ sono sufficienti per garantire la perdita di coscienza per piu’ dei 10 minuti necessari normalmente per l’iniezione letale. L’autopsia di Harper presentata ai giudici del Kentucky, pero’, suggerirebbe uno scenario diverso: 12 minuti di terrore nel corso dei quali l’uomo, paralizzato, sarebbe stato cosciente di tutto per avere ricevuto una dose di anestetico assai inferiore a quella ritenuta sufficiente ad addormentare una persona con il suo peso corporeo e le sue condizioni fisiche.
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