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Per Censis-Ismu sono 5milioni
Sempre più simili agli italiani per studio e lavoro: il 77% ha un posto regolare
di Redazione
Sempre più simili agli italiani. Vivono nel nostro Paese da 7 anni, hanno titoli di studio e una retribuzione di 800 euro al mese. Questo il ritratto degli immigrati che lavorano in Italia, emerso dall’indagine svolta su un campione di circa 16 mila stranieri da Fondazione Ismu, Censis e Iprs per il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. I dati sono stati resi noti oggi a Roma durante il convegno di presentazione del rapporto.
Secondo lo studio, la società italiana è sempre più multietnica. Gli immigrati, infatti, sono poco meno di 5 milioni e negli ultimi 4 anni sono aumentati di quasi 1,6 milioni: un incremento che fa segnare un +47,2%. Questo implica una crescita dei residenti pari al +56,5% . Gli irregolari sono invece 560 mila: l’11,3% degli stranieri presenti sul nostro territorio.
A livello di studi e professionale italiani e stranieri non sono poi così distanti: il 40,6% degli immigrati, ad esempio, è diplomato o laureato, rispetto al 44,9% degli italiani. A livello lavorativo un terzo degli immigrati, il 32%, ha lavorato in nero; mentre oggi vive la fabbrica. Altri, il 21%, si sono trasformati in colf o badanti e il 16% presta servizio in alberghi o ristoranti. Il 77% dei maggiorenni svolge un’attività lavorativa regolare. Più di due terzi sono impiegati nel settore terziario; mentre nei servizi e nel commercio sono rispettivamente il 40,7% e il 22,5%.
Tra le figure meno diffuse quelle più qualificate: le professioni intellettuali sono solo il 2,4%, gli operai specializzati che superano di poco il tetto dei due punti percentuali, i medici e paramedici l’1,7%. Quasi assenti i titolari di impresa sono quasi e i tecnici specializzati, con lo 0,5% e lo 0,2%.
Tra i lavoratori sono in maggioranza gli occupati a tempo indeterminato (il 49,2% del totale), il 24,8% ha un impiego a tempo determinato, il 9,7% svolge un lavoro autonomo o ha un’attività imprenditoriale. La metà degli immigrati che lavorano in Italia dichiara di percepire una retribuzione netta mensile compresa tra 800 e 1.200 euro; il 28% ha un salario inferiore, compreso tra 500 e 800 euro; il 3% guadagna meno di 500 euro. Solo il 13,3% ha una retribuzione netta mensile che va da 1.200 a 1.500 euro, e appena l’1,2% guadagna più di 2.000 euro.
I risultati dell’indagine sfatano il mito secondo il quale gli immigrati sono coinvolti in forti processi di mobilità sociale: l’Italia non è l’America per loro. Prevalgono infatti i percorsi di mobilità orizzontale: il 66,6% dei cambiamenti di lavoro non determina una modifica sostanziale della loro posizione sociale. Solo nel 21,5% dei casi si verificano percorsi di mobilità ascendente che permettono la scalata sociale; nell’11,9% il cambiamento porta addirittura a un peggioramento della propria condizione lavorativa.
I fenomeni di dequalificazione professionale e mobilità discendente risaltano ancora di più se si considera che il 59,8% degli stranieri che lavorano in Italia aveva già una occupazione nel Paese di origine. Le carriere lavorative degli immigrati sono composte da una sola esperienza di lavoro (nel 33% dei casi) o al massimo due (40,4%), il 19,2% dichiara di aver cambiato tre impieghi e soltanto il 7,4% quattro o più occupazioni.
Generalmente le loro esperienze di lavoro si concludono a seguito del presentarsi di un’offerta più vantaggiosa (39,9%), per il mancato rinnovo di un contratto a tempo determinato (17%), a causa di un licenziamento (16%) o a seguito della chiusura dell’azienda presso la quale sono impiegati (4,6%).
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