“Più di un business, più di un servizio sociale: l’impresa sociale realizza obiettivi sociali attraverso strategie imprenditoriali. Genera reddito attraverso attività produttive e reinveste i profitti nella comunità e a favore di gruppi svantaggiati. Invece di massimizzare il profitto, l’impresa sociale crea ricchezza per sostenere la sua missione sociale”. Sembra una qualsiasi dichiarazione di missione di una qualsiasi impresa sociale. Sì, forse qualche purista dell’impresa sociale non profit la troverebbe troppo spinta sul versante della produzione di ricchezza economica da redistribuire in attività sociali. Ma niente di grave. Anzi, niente di nuovo. Ed è proprio questo il punto di maggiore interesse. Perché questa mission così scontata viene da Hong Kong, precisamente da una struttura di supporto (altra variabile più che conosciuta) finanziata da una fondazione bancaria (pensa un pò) che ha redatto un catalogo delle imprese sociali locali (altra grande non innovazione) dove le attività sono classificate in settori più che conosciuti: cura, trasporti, ambiente (con qualche presenza più significativa nel settore food e home). Insomma una bella sensazione di ordinarietà, mista a un certo disagio pensando alla cura maniacale con cui si segue l’orticello di casa (e soprattutto il suo recinto) ignorando o quasi la prateria circostante. Che è piena zeppa di iniziative in attesa, prima che di un cappallo teorico o normativo, di “semplici” opportunità di conoscenza, scambio, arricchimento reciproco. Giù la staccionata dunque!
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.