Il modello Piossasco

Per prendersi cura di un anziano ci vuole un villaggio

Nella cintura torinese, compie dieci anni un progetto di integrated community care che punta a migliorare la qualità della vita degli over75 e a superare la dicotomia tra domiciliarità e residenzialità. Un approccio basato sulla attivazione delle persone e dei luoghi: dalla rsa San Giacomo escono competenze per raggiungere le case degli anziani e intanto entrano relazioni

di Daria Capitani

L’Italia è uno dei Paesi più anziani al mondo, con un quarto della popolazione di over65 e oltre 4,5 milioni di persone con 80 anni e più. Lo ha confermato pochi giorni fa il Rapporto annuale Istat: un documento che invita a riflettere, e a investire, su nuovi modelli per ripensare la vita, o meglio, la longevità. A Piossasco, cintura di Torino, 18mila abitanti cresciuti all’improvviso attorno agli anni Settanta con il boom occupazionale generato dalla Fiat, dal 26 maggio al 1º giugno si festeggiano i 10 anni di un progetto cucito in modo sartoriale per superare la dicotomia tra domiciliarità e residenzialità. Punto di partenza, la rsa che prende il nome dalla frazione in cui si trova, San Giacomo. Obiettivo: portare il dentro fuori e il fuori dentro.

Una città che si prende cura

Oggi è diventato un libro, Piossasco: una città che si prende cura (edito da La Bottega del Possibile, presto disponibile per essere acquistato online sul sito dell’associazione), ma 110 anni fa era un ospedale, requisito durante la Prima guerra mondiale per curare i soldati feriti. Il cambio di nome (e destinazione) definitivo risale alla fine degli anni Ottanta, quando divenne a tutti gli effetti residenza per anziani. Un ampio intervento di ristrutturazione ha portato l’edificio all’aspetto attuale, con un grande giardino interno. Di proprietà dell’impresa sociale Casa San Giacomo, dal 2015 è gestito dal consorzio Socialcoop e soprattutto è il luogo di sperimentazione di un progetto ideato da La Bottega del Possibile, associazione di promozione sociale nata trent’anni fa in Val Pellice che ha fatto la storia nella diffusione di una cultura della domiciliarità.

Aprire al contesto esterno una residenza per anziani e considerarla non soltanto per la sua funzione originaria, tra le mura del suo spazio fisico, ma aggiungerle valore, farla diventare un centro servizi per tutta la realtà che la circonda. È l’intuizione de La Bottega del Possibile che, nel 2015, ha individuato in Piossasco la città giusta per sperimentare partecipando al bando Intrecci della Fondazione Compagnia di Sanpaolo. La risposta è stata la stessa da parte di tutti gli enti coinvolti (l’associazione Casa San Giacomo, il gestore, il Comune, l’Azienda sanitaria locale, il Consorzio intercomunale di servizi Cidis): perché no? «Abbiamo iniziato a pensare alla struttura in modo nuovo. Luogo da cui far uscire competenze per raggiungere le case delle persone anziane che vivono in autonomia, e in cui far entrare relazioni», spiega Maurizio Serpentino, presidente di Socialcoop, consorzio fra cooperative sociali che si pone come agente di sviluppo della comunità.

È stata ritenuta una buona pratica, tanto da ottenere il premio Welfare Oggi 2021 e da arrivare fino in Canada, nell’ambito del progetto Transform supportato da Fondazione Compagnia di Sanpaolo insieme ad altre fondazioni filantropiche europee e internazionali. «È un approccio che si basa sull’attivazione della persona, dei luoghi e della comunità, che diventa protagonista nella definizione del proprio progetto di salute», spiega il presidente de La Bottega del Possibile Salvatore Rao. «Una consapevolezza che consente di attivare tutte le risorse di cui la stessa comunità dispone. Ci piace definirla con l’espressione “andare verso”. Le stesse indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità – Oms sottolineano come la salute vada promossa dove le persone abitano, vivono, lavorano e non soltanto negli ambulatori e negli ambienti sanitari».

Abitanti, non ospiti

«Qui non ci sono ospiti, qui ci sono abitanti». Federica Spadon, vice direttrice della rsa San Giacomo, è di poche parole. «Mi piace che siano i fatti a dire se un’iniziativa funziona o no». Quali sono le immagini che raccontano ciò che vede ogni giorno da dieci anni? «Il piano terra della nostra struttura è qualcosa di simile a un mercato. Sì, un mercato: un posto dove le persone vanno e vengono. Penso a chi arriva per ascoltare un po’ di musica, a chi fa ginnastica (e parlo di una ventina di persone a gruppo), a chi è troppo “giovane” per il nostro target d’età e mi chiede di restare. Spesso diventa volontario», spiega.

Ginnastica dolce alla rsa San Giacomo.

Negli ultimi mesi, ogni lunedì, nella grande struttura di via Marco Polo, sono stati in visita molti studenti delle scuole: «Sono entrate a turno 27 classi, dall’infanzia alla secondaria di primo grado, tutte con un’attività da condividere tra generazioni, dalle storie lette insieme ad alta voce al disegno, fino alla raccolta dei racconti dei nonni». E in uscita? «Prima della pandemia, un’educatrice accompagnava gruppi di anziani alla bocciofila o a giocare a carte. Oggi i nostri residenti sono invecchiati, le autonomie di movimento si sono ridotte, le uscite resistono ma molto meno numerose».

Pasquale Giuliano è stato coordinatore del master universitario in “Infermieristica di famiglia e comunità” dell’Università di Torino, per anni si è occupato di servizi domiciliari, ma soprattutto dal 2019 al 2024 è stato sindaco di Piossasco. Ha visto nascere il progetto e crede fortemente nel suo sviluppo (oggi è nel consiglio di amministrazione del Cidis, il Consorzio intercomunale dei servizi): «La peculiarità di questo modello sta nell’aver lavorato attorno alla proattività, immaginando un impianto in cui gli anziani non sono visti come un innesto di fragilità per il territorio ma rappresentano una grande opportunità per le nostre comunità e una fucina di talenti nascosti».

Come si intercettano le esigenze? «Siamo entrati nelle case». Giuliano ricorda l’importanza di inviare una lettera firmata dal sindaco a tutte le persone al di sopra dei 75 anni con un invito a partecipare a incontri informativi pubblici o ad accogliere la visita di una micro équipe specializzata nell’ascolto dei bisogni e delle richieste di una generazione che a Piossasco è invecchiata insieme: «Su circa mille residenti potenzialmente vulnerabili, siamo entrati in contatto con circa 800, fu un passaparola incredibile», ricorda Serpentino. «Ne è uscito un indice delle fragilità: in cima alla lista, la solitudine. Sono nati così i gruppi di cammino: un modo semplice e salutare per tirar fuori le persone di casa».

Cucinare insieme.

Con la pandemia, non potendo più organizzare attività in gruppo, molti di quei primi partecipanti sono diventati volontari: «Per ognuno, c’erano quattro o cinque indirizzi a cui portare la spesa». L’ex sindaco Giuliano la definisce «un’inedita alleanza tra una struttura privata, le istituzioni pubbliche e la comunità di cittadini e associazioni. Un lavoro di tessitura artigianale, che ci auguriamo possa essere esportato anche in contesti differenti».

Una porta aperta

La formula si è evoluta, tenendo salda la sua anima. Anche oggi infermieri qualificati, operatori socio sanitari, assistenti sociali ed educatori si mettono in moto per raggiungere le case di chi compie 75 anni. La visita domiciliare continua a essere azione centrale, fatta di ascolto, osservazione, spesso prevenzione e orientamento, vicinanza, supporto e accompagnamento, anche ai caregiver: un interessamento il cui fine è sostenere le persone affinché possano continuare a vivere e abitare in relazione con il loro intorno, potendo contare su figure professionali “amiche” a cui rivolgersi in caso di bisogno. «Abbiamo raggiunto persone che altrimenti sarebbero state irraggiungibili», sintetizza Serpentino.

Un disegno lasciato alla rsa San Giacomo dai bambini in visita.

Al tempo stesso, anche la rsa ha scardinato la sua rappresentazione classica per affermarsi come una struttura socio-sanitaria residenziale attraversata dal fuori, sede di eventi e attività culturali, impegnata a promuovere salute, legami sociali e processi parteciativi. «Se c’è un’immagine per restituire chi siamo, è una porta aperta», conclude Spadon.

Il 30 e il 31 maggio, in via Marco Polo a Piossasco, la comunità si prenderà il tempo per festeggiare i dieci del progetto e riflettere sulle prossime sfide a tutela della popolazione anziana. Qui il programma.

Le fotografie sono state fornite dalla rsa San Giacomo

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