Non profit
Per salvare Pompei ci vorrebbe Google
Pier Luigi Sacco: l'incontro tra Itc e beni culturali genera buone pratiche. Come insegna il modello Siena-Microsoft
di Redazione

È d’accordo che l’eventomania sia uno dei mali della cultura italiana. E che il punto più basso sia stato toccato con l’organizzazione del concerto di Elton John (foto) a Napoli, pagato dirottando fondi europei. Ma Pier Luigi Sacco, economista prestato alla gestione della cultura, oggi docente allo Iulm, considera l’evento principe del 2010, l’inaugurazione del MaXXi di Roma firmato dall’archistar Zaha Hadid, un fatto di straordinaria positività.
In che senso professore?
La ritengo un’istituzione spartiacque, uno spazio molto sfidante che ha avuto un’eccezionale risposta dal pubblico, come dimostra l’afflusso pressoché costante alla biglietteria. Ma il successo non è solo nei numeri. È nel fatto che così si aiuta la formazione di un pubblico nuovo. Adesso l’importante che è che il MaXXi si dia un piano di sostenibilità economica e finanziaria.
Si arriva insomma anche in questo caso all’eterno nodo delle risorse…
Certo. Perché noi diciamo che il patrimonio culturale è il nostro petrolio. E poi lo affrontiamo come se fosse un centro di costo, e non di profitto. È un’impostazione sbagliata alla radice.
E come si fa a ribaltarla?
Bisogna essere innovativi e capire quali enormi potenzialità possano riservare le sperimentazioni tecnologiche. Se Pompei si accordasse con Google per la diffusione via web del suo patrimonio, si potrebbero incamerare diverse decine di milioni di euro.
Come fa ad esserne sicuro?
Basta guardare le poche esperienze avviate. Il polo museale senese si è accordato con Microsoft come partner strategico per valorizzare le piccole sedi espositive sul territorio. I risultati ottenuti sono molto importanti.
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