Dopo Francesco
Perché chiamarsi Leone nel 2025
La scelta "anacronistica" di Leone come nome papale da parte di Prevost richiama Leone XIII e la sua "Rerum Novarum" sulla questione sociale e la dignità umana, una "terza via" tra socialismo e liberalismo. Un papa americano, proveniente da una città operaia come Chicago, e missionario in Perù, potrebbe aver scelto questo nome per rimettere sul tavolo la questione sociale come fatto da cui dipende anche il tema della pace, tante volte ribadito nel suo primo saluto ai fedeli

Potrebbe suonare un po’ anacronistico oggi scegliere il nome papale di Leone come ha fatto, Robert Louis Prevost, il successore di Francesco eletto ieri. Leone è nome che appartiene alla storia, anche alla grande storia del pontificato: una storia che appare ormai lontana e che evoca anche una dimensione di potenza.
Proprio per questo la scelta del nome Leone è in qualche modo una scelta pesante, che si carica di un significato da esplorare nell’anno 2025. L’ultimo Leone della chiesa, il tredicesimo, era morto all’alba del ‘900 dopo un lunghissimo pontificato. Vincenzo Gioacchino Raffaele Luigi Pecci, questo il suo nome, era stato eletto nel 1878: era quindi il primo papa non più re, cioè senza più potere temporale, in quanto salito ad un trono al quale con Porta Pia e l’unità d’Italia era stato sottratto il regno. Forse proprio per questo come pontefice spinse la Chiesa a dare uno sguardo complessivo sul mondo, andando oltre un pur glorioso recinto che non esisteva più. Leone XIII nel 1891 promulgò la più celebre delle sue ben 86 encicliche, la “Rerum Novarum”.
Un testo emblematico fin dal titolo perché si propone di affrontare, agli occhi di milioni di fedeli, le “cose nuove” che stavano cambiando la vita del mondo circostante. Emblematiche sono le prime righe di quell’Enciclica in cui non appare nessun contenuto direttamente religioso: «L’ardente brama di novità che da gran tempo ha cominciato ad agitare i popoli, doveva naturalmente dall’ordine politico passare nell’ordine simile dell’economia sociale. E difatti i portentosi progressi delle arti e i nuovi metodi dell’industria; le mutate relazioni tra padroni ed operai; l’essersi accumulata la ricchezza in poche mani e largamente estesa la povertà».
Il papa affrontava i grandi cambiamenti soprattutto sociali che segnavano la vita delle persone proponendo una sua via per andare oltre le drammatiche contraddizioni che le novità avevano generato: così veniva elaborata una Dottrina sociale, terza via tra socialismo e liberalismo, in cui i valori e i diritti della persona erano al centro. Continuava così in quella premessa Leone XIII: «È chiaro, ed in ciò si accordano tutti, come sia di estrema necessità venir in aiuto senza indugio e con opportuni provvedimenti ai proletari, che per la maggior parte si trovano in assai misere condizioni, indegne dell’uomo. Poiché, soppresse nel secolo passato le corporazioni di arti e mestieri, senza nulla sostituire in loro vece, nel tempo stesso che le istituzioni e le leggi venivano allontanandosi dallo spirito cristiano, avvenne che poco a poco gli operai rimanessero soli e indifesi in balda della cupidigia dei padroni e di una sfrenata concorrenza».
Sono passati 134 anni da quel testo e un nuovo Papa, scegliendo quel nome, ci dice innanzitutto che quel drammatico nodo posto sul tavolo dal suo predecessore è ancora attuale. È un mondo in cui l’accumulo delle ricchezze in poche mani è processo in continua e soprattutto indisturbata crescita. Un mondo in cui le democrazie rischiano di trasformarsi in plutocrazie. È un mondo in cui i diritti e la dignità di milioni di persone relegate a lavori marginali sono calpestati e lasciati senza regola. C’è da pensare che un papa americano, che conosce a fondo le contraddizioni della sua nazione e che, come missionario in Perù, ha toccato con mano l’altra faccia del mondo, abbia scelto il nome di Leone per rimettere sul tavolo la questione sociale come questione da cui dipende anche il tema della pace tante volte ribadito nel suo primo saluto ai fedeli. Inoltre viene da Chicago, insieme a Detroit la città più industriale ed operaia d’America.
Infine va sempre tenuto presente che papa Prevost è agostiniano e quindi si è formato sul pensiero e sull’opera di uno dei più grandi pensatori della Chiesa, il primo che aveva affrontato in modo geniale e profetico il tema del rapporto tra il cristianesimo e la storia. La scelta del nome “anacronistico” di Leone è una scelta carica di significato.
Foto Alessandro Sardo/Vatican Media/LaPresse
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