Non profit
Perché stiamo qui, a bruciare di libertà
I tunisini che partono non fuggono dalla rivoluzione. Le vere ragioni dell'esodo vanno cercate in Europa
di Redazione

Mentre la Libia e gli altri Paesi arabi sono a ferro e fuoco, la Tunisia affronta le prime sfide del dopo Ben Alì. Una di quste sfide è proprio l’esodo dei giovani verso l’Italia. Tre anni fa il regista tunisino Mohamed Ben Mahmoud aveva girato un film dal titolo Domani brucio. Era una sorta di anticipazione di quello a cui stiamo assistendo. Questa parola, “bruciare”, è stata tradotta impropriamente in italiano col senso di “attraversare clandestinamente il mare Mediterraneo”. In realtà il “bruciare” alludeva a ben altro.
Alcuni osservatori cercano ragioni politiche a questo esodo di massa, mentre altri presentano la rivoluzione tunisina come una catastrofe che costringe migliaia di giovani a fuggire dal Paese, che sarebbe precipitato in una crisi economica e sociale senza precedenti. Come se, con gli orizzonti chiusi, i tunisini sognassero un avvenire tutto diverso dall’altra parte del Mediterraneo, un paradiso dove verranno accolti da belle ragazze bionde su macchine di lusso. Questi giovani in realtà conoscono l’Occidente solo per quello che vedono in tv, e così si fanno un’idea fantasmagorica dell’Europa.
Come dimostra Seif Eddine Errajhi, un giovane che abbiamo intervistato: «Non è giusto che un cittadino europeo goda di tutti i diritti della democrazia, della libertà di espressione e di tutti i comfort quotidiani, mentre noi qui siamo come schiavi senza nessun diritto». Le statistiche confermano che il 12% degli studenti lascia la scuola prima dei 12 anni, il che costituisce agli occhi del sociologo tunisino Mouldi Gassoumi «un vero pericolo culturale e sociale». Una situazione creata scientemente dal regime sconfitto, consapevole del rischio che rappresentava una classe nuova di persone istruite e politicizzate. Un’operazione di analfabetizzazione collettiva, ottenuta anche svuotando i programmi scolastici, che sono stati ridotti a propaganda di uno Stato-provvidenza senza il quale i cittadini sarebbero stati vittime di fame, malattie e altre catastrofi.
Il “martire” Bouazizi
In questo clima sociale teso e in questo contesto politico, che ha trasformato il Paese in una gigantesca prigione, non restava ai giovani che cercare altre strade per denunciare la dittatura instaurata da Ben Alì. E quando la disperazione ha raggiunto livelli insostenibili, ha trovato espressione attraverso il gesto estremo di Mohamed Bouazizi, che, per protestare contro l’ennesima angheria del regime, si è dato fuoco ed è morto. Un gesto che ha messo le ali ai giovani tunisini e ha acceso la rivolta contro 23 anni di ingiustizia e di miseria.
Si pensava che il flagello dell’immigrazione clandestina sarebbe stato bandito dal lessico della Tunisia dopo la rivoluzione. Ma, all’opposto, le notizie che ogni giorno ci raggiungono da Lampedusa dicono che sia un fenomeno in crescita. L’ultimo caso che ha colpito l’opinione pubblica è stato quello del naufragio di un peschereccio al largo delle nostre coste. Mahamed, 20 anni, ci ha raccontato che «il peschereccio era partito dalla spiaggia di Zarzis, nel sud del Paese. Eravamo più di 100 a bordo, quando un pattugliatore dell’esercito ci ha attaccati affondandoci». L’esercito ha smentito questa versione dei fatti, dicendo che si è trattato di un’operazione di salvataggio finita male.
Chi ha ragione? Bisogna essere pazienti per trovare delle risposte chiare e logiche alla questione spinosa dell’immigrazione. Se partiamo dai dati storici, e da quelli sociali che ne derivano, non si può negare che oggi siamo di fronte a una questione geopolitica voluta dai “grandi”, e sono quindi i “grandi” a trovare soluzioni. I “piccoli” non possono che giocare un ruolo di gendarmi in un contesto economico complicato, che privilegia l’impoverimento del Sud a favore di un Nord sempre più ricco. E sono queste le vere ragioni che spingono i giovani a tentare la loro fortuna dall’altra parte del Mediterraneo.
Primavera, tempo di migrare
Non è un caso che gran parte di loro siano laureati, in Tunisia avrebbero raggiunto una buona posizione. Come spiegare allora questa infautazione per le traversate della morte? Perché questi giovani partono? È davvero una fuga dall’inferno della rivoluzione?
In verità, no. Mouldi Gassoumi rilancia la palla all’Europa che, invece di favorire lo sviluppo economico del Sud del Mediterraneo, ha coperto i regimi di aiuti e privilegi personali, per trasformarli in gendarmi e convincerli a indurire le pene contro l’emigrazione clandestina. Se ne deduce che la posizione del governo italiano (e dell’informazione schierata) sia poco credibile, serve interessi ambigui. Per questo gli osservatori più accorti puntano l’indice contro chi tenta di destabilizzare la rivoluzione in Tunisia, presentandola come la causa diretta di un inferno post rivoluzionario in cui il Paese starebbe vivendo.
Per qualche giorno, prima che la Libia stessa esplodesse, l’indice era stato puntato proprio contro Tripoli. La presenza nella capitale libica di Lelia Ben Alì, figlia dell’ex dittatore tunisino, aveva il solo scopo di destabilizzare il Paese e presentare la rivoluzione in corso come una catastrofe: la stampa italiana si è accodata a questa lettura. D’altra parte, gli specialisti sanno bene che questo genere di traversate sono programmate da ben prima che la rivoluzione scoppiasse. In Tunisia la primavera è la stagione degli esodi, e questi giovani sono partiti da Mahdia, da Zarzis, dalle coste libiche, senza sapere che sarebbero diventati oggetto di una manipolazione mediatica. Perché quelli che la stampa italiana presenta come vittime della rivoluzione non sono altro che le vittime di un ordine mondiale che ha privilegiato la repressione a uno sviluppo basato sul rispetto dell’altro e su una giustizia sociale.
Si può usare la Carta docente per abbonarsi a VITA?
Certo che sì! Basta emettere un buono sulla piattaforma del ministero del valore dell’abbonamento che si intende acquistare (1 anno carta + digital a 80€ o 1 anno digital a 60€) e inviarci il codice del buono a abbonamenti@vita.it